venerdì 9 dicembre 2011

Schiaccia pausa

L'FBI ha aperto un fascicolo su Laura Pausini dopo aver letto le speculazione sul suo conto apparse su Yahoo Answer.
Come questa (without trying to be rude)
o questa o questa (famole i conti in tasca) 
o ancora questa (dalla formulazione criptica), 
o qui (è anche oggetto di ricerche scolastiche, questo vi fa capire a che livello siamo arrivati, roba da grattà er fondo der barile) 
o qui (non so a che disco si riferisca, ma vi posso dire tranquillamente che la mia aspettativa di vita potrebbe abbassarsi di 4-5 anni dopo aver ascoltato un suo cd intero).
Spazio anche per l'eresia (prego leggere la risposta che ha guadagnato 100%).

Insomma, sto cercando di vendere un rene per essere presente ad almeno uno dei suoi concerti natalizi di Milano. Metterò la domanda su Yahoo Answer per sapere se qualcuno è interessato all'organo.

domenica 4 dicembre 2011

Noi si studia Lingue.

Aridatece l'austerity.

giovedì 1 dicembre 2011

E sgorgarono lagrime calde dal suo viso

Beach House, Dirty Three, Spiritualized al Primavera Sound 2012.
La tappa successiva è la morte cerebrale e la donazione di organi.

giovedì 24 novembre 2011

Marry me Annie

Faremo incazzare Rula Jebreal. 
Annie Clark, aka St. Vincent., è una bella figliola. Sì, sappiamo tutti che canta e suona da Dio e che (geek mode: on) le sue canzoni sono eccentricamente coperte da una patina di elettronica vintage barocca che gronda pop in modo delizioso ed elegantissimo. Ma obiettivamente: quando la si vede dimenarsi con la chitarra, smanettare col tacco 12 tra i pedali, sistemarsi il ciuffo riccio, muovere il suo corpicino (vestito paurosamente) e la schienina scoperta, ecco, il pensiero serpeggiante è: ora mi alzo e le salto addosso. Il discorso vale sia per uomini che per donne, il fascino e lo stile di St. Vincent sono talmente luminosi da colpire entrambi i sessi. She is beyond good and evil.


St. Vincent, Milano, 23 Novembre 2011

martedì 22 novembre 2011

Buon inverno

A coloro che si parlano a gesti, e si fissano negli occhi color carbone, e pregano il tempo di andare a farsi fottere. Agli amori sacri che cadono a terra facendo il rumore di una piuma e fluttuano sui corpi. Alle distanze e agli schermi che attutiscono quelle stesse distanze - e a chi si fissa muto come attraverso uno specchio, tu là io qui. Sapere di esistere ma non potersi toccare, tu ancora più in là e io sempre qui. M'inchino alla devozione degli sguardi e alla pazienza degli occhi.

lunedì 21 novembre 2011

La chiusura del cerchio

o: di come gli autori televisivi si divertano a far combaciare tutto.

L'avevo già scritto due settimane fa. In Tutti Pazzi Per Amore 3 (Rai1, domenica, prima serata, ma questa settimana va in onda pure martedì) c'abbiamo la storia lesbo. Innanzittutto complimenti per la scelta dell'attrice, Anita Caprioli......(e qui la mia mente sta facendo grandi viaggi, film, scenette, sospironi....), che c'ha un fisicaccio che, diciamolo, dà la merda a Megan Fox. Interpreta la determinata Eva, che lavora nel vivaio di Paolo. 
Insomma, nella puntata di oggi Eva arriva in moto accompagnata da Alessia Barela, nientepopodimenoche Marina, la dottoressa di Terapia d'Urgenza, tremenda fiction Rai mandata in onda due anni fa e riproposta recentemente in replica su RaiPremium (lo ammetto, l'ho rivista pure lì) e che aveva come peculiarità delle storie talmente sconclusionate da risultare divertentissime. Cioé: Sergio Muniz che recita, un concetto che solo a sfiorarlo ti fa piegare in due dalle risate, e a vederlo ti potrebbe far lievitare come Mary Poppins e la barzelletta dell'uomo con una gamba di legno di nome Smith - e l'altra gamba come si chiama?. Il motivo per cui m'ero appassionata a quest'orrida fiction era molto semplice: aveva un'esilarante storia lesbo, lo stesso motivo per cui ho visto una stagione di Buffy (che, ribadisco, era trash quanto Terapia d'Urgenza) e tutto ER - questa almeno era fatta bene.
Rispolvero la memoria: le nostre lesbo eroine in Terapia d'Urgenza erano la dottoressa Marina Ranieri del Colle e l'infermiera proletaria Esther (agevoliamo una diapositiva), quest'ultima interpretata dalla sosia dell'ultima mutazione genetica di Michael Jackson. [L'altra cosa bella di Terapia era la percentuale altissima di attori presi da Distretto di Polizia, Incantesimo, Orgoglio, Commesse, Capri, i Liceali, e qualunque fiction di successo targata Rai o Mediaset degli ultimi 5 anni e che, non mi vergogno a dirlo, conosco a menadito.]
Insomma, Marina e Eva: l'ideale chiusura del cerchio, simbolica e fisica. Il personaggio di Eva è traghettato e accompagnato da un personaggio amatissimo dalla community lesbo-televisiva: cosa è se non un illustrissimo battesimo del fuoco?
Che poi, SPOILER!, Eva s'innamorerà di Lucrezia Lante Della Rovere (interprete di uno dei personaggi più latentemente lesbici della fiction Rai, ovvero Donna Detective), è un dettaglio che chiude il cerchio con la fiamma ossidrica.

sabato 19 novembre 2011

Donne che scopano male

Era un po' che non parlavo di donne. Lo spunto me l'ha dato una lettrice che mi ha fatto vedere il nuovo spot shocking della Benetton (se non sono shocking 'sti spot non piacciono più. Però c'è da dire che la Benetton ha sempre fatto delle campagne molto dirette, sin dal '92). La scena clou è il bacio tra due musulmane. Dopo le vampire lesbiche, il limone tra Britney e Madonna e la figlia di Lino Banfi omosessuale in una fiction Rai, dopo il coming out della De Filippi (ah, non è ancora uscita dall'armadio? Certo, aspetta di farlo mano nella mano con Gianni Sperti), ecco che vengono sdoganate le musulmane che limonano contro il muro. 
Da lì è partito un collegamento folle a un flash altrettanto folle che avevo avuto la notte precedente prima di dormire, che si sa che prima di abbioccarsi ci sono le idee migliori o quelle più a briglia sciolta perché la ragione non può esercitare un grandissimo potere.
Tutto nasce da un'esperienza di vita vissuta, non potrei mai mentirvi. Recentemente, dopo una notte di bagordi e di dubstep e di subwoofer e di attenzione che tra poco sarà la volta del revival eurodance, sono capitata nel bar di una stazione. Faccio lo scontrino e senza ordinare mi dirigo alla toilette alla quale si poteva accedere solo previo pezzo di carta finanzino. Esco dal tugurio allucinato che mi ferma una donna sui cinquanta con un camice da bidella chiedendomi lo scontrino. Glielo do e lei, appoggiandolo allo stipite di una porta, lo vidima con una moneta da un euro che lascia un baffo grigio sulla carta leggera dello scontrino.
Ecco: questo minimo gesto mi ha fatto pensare che lei fosse una donna che scopa male, sbrigativamente, di quelle nazi cattive che non stanno lì tanto a pensare ai preliminari ma ti mettono subito una mano tra le gambe come le carcerate del video Telephone di Lady Gaga. Nessun indugio: la classica sveltina durante la pausa pranzo ma veloce a venire che devo anche mangiare. 
Lo stesso pensiero m'era già balenato mesi fa assistendo a una scenetta nei bagni della Stazione Centrale (quelli ai quali puoi accedere solo mettendo l'euro così ti si aprono le porte meccaniche). Una delle inservienti s'era incazzata tantissimo perché credeva che delle turiste inglesi fossero entrate due alla volta pagando un euro anziché due. Le turiste non capivano e quindi mi prestai come traduttrice. L'espressione incazzosa della donna dei wc di Centrale dipinge ora il volto di ogni donna che m'immagino scopi male, sovrapponendosi alle espressioni e alle movenze.
Alle inservienti dei wc pubblici si uniscono (nel mio stupido immaginario) certe donne che potenzialmente scopano senza poesia, accademicamente, stancamente, per sfinimento: le notaie, le farmaciste, le giornaliste di guerra (che lo fanno come delle ossesse, come se non ci fosse un domani) e...le sessuologhe.

giovedì 10 novembre 2011

Explosions in the Sky, l'emozione a ogni costo

Nel mondo dipinto dagli Explosions in the Sky ci sono ragazzi e ragazze che si amano, si tengono per mano, si guardano negli occhi, ammirano l'alba o il tramonto nudi sotto le coperte dopo essere venuti - rigorosamente nello stesso momento. Basta una loro nota - tenuta lunghissima col delay - una nota che ti spezza le ossa, il cuore, il fiato - per innamorarti di qualsiasi cosa, animale o persona (non a caso scritti in quest'ordine) in venti secondi. Grande struggimento, battito cardiaco in levare, oscillazione come quando baci qualcuno, sei ubriaco e inizi a muoverti a ritmo della musica - lunare, onirica, ipnotica. La testa a ciondoloni, persa, persa, persa.

Trezzo, 9 Novembre 2011.
The Only Moment We Were Alone.

martedì 8 novembre 2011

Poi c'era Mary J. Blige che cantava coi Girls

domenica 6 novembre 2011

Virate/virago - le previsioni di Nostradamus si sono avverate

[...] E quindi, arriviamo al punto.
Abbiamo un telefilm in Italia che ricalca il ritmo frizzante delle sit-com americane, condensa le meglio trovate musical-oniriche di Ally McBeal e Scrubs, con battute perfette e recitazione brillante: si chiama Tutti pazzi per amore. La seconda serie sta andando molto bene, non sembra mostrare segni di cedimento. Ma mi chiedo, quando ci sarà la tanto attesa lesbo-virata? E, soprattutto, chi coinvolgerà? [...] (questo blog, questo post, Aprile 2010)
Ecco che leggo che nella terza serie di Tutti Pazzi per Amore avremo la preannunciatissima (da me) virata virago. Protagoniste due - belle - attrici verso gli -anta, Lucrezia Lante della Rovere e Anita Caprioli. Ci ho preso alla grande.

mercoledì 2 novembre 2011

Sia fatta Giustizia

Il grido del popolo risuona alto e unanime. Venga fatta giustizia! 
Dopo il misero 5.3 di Pitchfork (che esalta - giustamente - certi artisti, ma è anche reo - confesso - di aver dato voti spropositatamente alti a ciofeghe universali), dopo il super-mega inimitabile Cross del 2007, disco che, insieme a A Kind of Blue di Miles Davis, ha avuto il merito, rarissimo, di mettere d'accordo proprio tutti (hipster col tatuaggio a forma di triangolo, baffoni nostalgici di Lenny, tamaVVi iperpalestrati, amanti del french-touch, metallari cattivi e meganerd della slappata virtuos-masturbatoria), dopo il celebrato e ruffianissimo spot Adidas diretto da Romain Gavras, ascolto finalmente Audio, Video, Disco, seconda fatica del duo heavy-electro Justice. Dell'omonimo singolo uscito due mesi fa avevo a suo tempo scritto e sostanzialmente potrei ripetere le stesse cose per parlare di questo controverso sophomore album.
Controverso, sì: agli orfani di Cross non è piaciuto. Come mai? Ok, manca il singolone catchy come D.A.N.C.E. o lo stucchevole pitch-shifting di The Party. Eppure i synth saturi e insostenibili ci sono, gli archi svolazzanti pure, i bassi slappati anche, le ospitate canore in auto-tune non mancano. E allora perché questa insoddisfazione? Perché la virata prog-epic-kitsch è davvero pesante: uno schiaffone (uno slappone, se vogliamo) alla facciazza degli hipster e un abbraccione ai riccardoni invasati di Yes, Queen, John Miles di Music (brano fondamentale per comprendere a fondo questo lavoro dei Justice), Van der Graaf Generator. Palm muting, riffoni con la diavoletto Gibson, organi a iosa, strafottenza e grezzume che raggiungono spessori inediti e che sinceramente hanno dell'eroico. Ohio è la canzone che i Fleet Foxes suoneranno nel 2025 (ed è concettualmente una Trans Europe Express esportata in USA), Horsepower suona come la sigla mai realizzata per le trasmissioni leggere di Fininvest con i balletti di Lorella Cuccarini, Brianvision un calderone di epicità alla The Legend of Zelda, Helix fa muovere il culo anche a mia nonna. Abbiamo stacchi di batteria che ricordano Hot Stuff di Donna Summer, Irene Cara di Fame, Giorgio Moroder lì a mo' di santino, il tutto condito da un'estetica retro-futuristica post-glam a 8bit. Il periodo è quello: '75-'79, da lì non si scappa.
Da ascoltare on'n'on'n'on'n'on............

martedì 1 novembre 2011

il RETRORMENTONE non muore mai (manco il giorno dei morti). Numero 10 e via.

A-rieccolo. Sono felicissima di dare il bentornato alla mia rubrica preferita (anche perché ho solo quella) col botto. Scrive per noi Lola, a cui voglio un gran bene e davanti alla quale chino il capo come gesto di reverenza: maestra in giochi di parole&neologismi, pozzo (forse perché si veste sempre di nero) di sapere, abbracci a profusione.
Ecco il suo Retrormentone.

Pulp. Molto pulp. Pure troppo!
14 settembre 1995. Bergamo. Mi presento in classe in tuta, sciatta, non truccata, ascella poco purificata, capelli lunghi e di colore indefinito, prendo posto goffamente, assonnata. È il primo giorno di scuola, in senso assoluto: la prima ora di lezione delle medie superiori. È il mio compleanno. Questo particolare, temo, attira ulteriormente l’antipatia delle altre 25 o 26 teenager presenti. Dai loro sguardi capisco che ho poche probabilità di sopravvivere.
Finite le lezioni, mi dirigo verso la stazione insieme a una mia compaesana. Ci ferma il solito venditore molesto. Ci chiede come ci chiamiamo. “Elena”, risponde la mia compagna, sgamata, che invece di nome fa Letizia. “Marisa!”, mi metto a improvvisare anch’io su modello dell’amica, dimostrando peraltro poca dimestichezza con l’onomastica di fine secolo. Ma il sotterfugio viene scoperto dall’ambulante di turno nel giro di pochi secondi: gli basta leggere il mio vero nome sulla collanina che ho addosso. A metà anni ’90 era di gran moda l’oggettistica anagrafica. Una fatica per trovarla, tra file di monili con su scritto “Maria” e “Paola” e “Elena”, e ora mi ripaga tradendomi! Capisco di avere sul serio poche probabilità di sopravvivere.  

La soluzione dell’impasse arriva di lì a poco. Nell’autunno del 1995 compaio in IAF orribilmente bionda, in dolcevita scuro e al collo un filo nero a racchiudere le lettere D-E-B-O-R-A-H, con l’acca, come la marca di cosmetici. Nemmeno tanto difficile da reperire rispetto all’altra con il mio nome vero, peraltro! L’idea mi viene dal video di Disco 2000, dei Pulp, che racconta una tipica storia boy meets girl, un incontro felice in disco che si risolve in un rapporto sessuale. Dei sottotitoli rivelano i pensieri dei personaggi. Più volte Deborah, la protagonista, si chiede, scocciata, il motivo per cui la faccia smunta di Jarvis Cocker sia costantemente alla TV. Il videoclip in realtà passava davvero di continuo su videomusic e su telepiù, che dall’estate di quell’anno trasmetteva MTV in chiaro per qualche ora al giorno. Di MTV ricordo soprattutto Andrea Pezzi, che fine ha fatto, Andrea Pezzi?
Due questioni mi preme sottolineare. Una è che questa canzone potrebbe essere stata scritta anche l’altro ieri. L’altra è che si tratta di un brano ipernostalgico che si interroga su un futuro che adesso è passato. Il primo punto è facilmente spiegabile: l’operazione sistematica di recupero è la stessa che viene messa in atto oggi. I pulp pescavano a piene mani dalla disco e da sonorità anni ‘60 e ‘70. Anche il look di Jarvis Cocker, che infatti è innegabilmente un protoindie, risulta attualissimo: magrezza impressionante, aspetto da fantino mancato, capigliatura rubata al coiffeur di Paul McCartney, occhiali di una grandezza spropositata rispetto al viso (anche se nel video non li indossa), financo gravi problemi posturali. L’altro nodo cruciale, invece, è piuttosto complesso, ma potrebbe essere così riassunto: futuro nel passato, would + infinito.

A sinistra la postura di Jarvis Cocker. A destra un indie.
14 settembre 2000. Milano, statale. Primo giorno di università. Fully grown, sort of. Anfibi, capello nero corvino cotonato, trucco pesante, rossetto sbavato, I wear black on the outside ‘cause black is how I feel on the inside. Ciononostante passo gli esami. In ogni dove si fa un gran parlare di un nuovo programma TV, Il grande Fratello. Io, che ho appena letto Orwell, mi immagino che quei poverini dei concorrenti saranno messi in una casa che sa di cavolfiore e verrà loro proibito di esprimersi con i più crudeli espedienti e un po’ mi dispiace. Penso spesso agli amici di infanzia, a Letizia, che adesso tanto sgamata non è più, che non è mai andata all’università e ora ha un figlio. L’ha chiamato Nicolas, il figlio, ho sempre sospettato fosse un omaggio a Sarkozy. Anche a Deborah, penso spesso, a come il 2000 del 1995 alla fine sia diverso dal 2000 del 2000. Ma soprattutto ricordo Andrea Pezzi, che fine ha fatto, Andrea Pezzi?

i fotomontaggi sono ad opera dell'autrice.

domenica 23 ottobre 2011

La tua nave in feltro

che tengo nell'armadio
chiusa a due mandate
ebbe due movimenti,
andata e ritorno:
da camera mia
al tuo pavimento
e da quella panchina
al mio armadio.
Dal tuo cuore di piombo
al mio cuore di vetro
dal tuo cuore in stagno
al mio cuore di feltro.
Cuciture grossolane
alla nave e
al mio cuore.

sabato 22 ottobre 2011

La belle inconnue

Questa è una storia macabra. O dolcissima, dipende dai punti di vista. Una storia di morte e amore, che è proprio vero che vanno a braccetto.
Parigi, verso la fine degli anni '90 dell'Ottocento. Il cadavere di una giovane donna viene rinvenuto nella Senna; si presume che sia morta affogata, probabilmente suicida. Il rigor mortis (anche se a me piace immaginare un altro motivo) le ha dipinto sul volto un perturbante nonché staticissimo sorriso che cattura l'attenzione di un funzionario dell'obitorio parigino che, come impone la legge, espone il corpo della giovane in vetrina affinché qualcuno possa riconoscerla e poi prende un calco in gesso del viso e di quel sorriso, per poi fotografarlo e renderlo pubblico.
La storia dell'inconnue de la Seine, questo il nome che trent'anni dopo verrà dato da Ernst Benkrd nella sua raccolta di 123 maschere mortuarie, inizia a diffondersi, le fotografie del calco vanno a ruba, vengono vendute nuove produzioni di calchi da collezionare, artefatti capaci di solleticare la pruderie medio-borghese dei parigini, ma anche la ben più grezza curiosità dei villani. 
Non solo: siamo in pieno periodo art-nouveau/liberty e quel volto eburneo, quasi monnalisesco (come scriverà successivamente Albert Camus), combacia con i mezzibusti immortalati nei cammei, gioielli in ambra e onice tanto in voga alla fine dell'Ottocento. Il passo è breve e l'Inconnue diventa canone femminile. Ancor più breve è il passaggio da modello a feticcio femminino: sì, perché la pauvre si trova, malgré soi, a influenzare l'immaginario erotico dell'epoca quasi al limite della necrofilia, chiudendo così quell'ipotetico cerchio psicanalitico di pulsioni erotiche e pulsioni di morte.

Altra chiusura del cerchio: al calco dell'Inconnue si ispirarono Peter Safar e Asmund Laerdal negli anni '60 per costruire la testa del manichino da rianimazione del pronto soccorso battezzato Rescue Anne, divenendo così il viso più baciato di tutti i tempi.


Post scriptum: Gli esperti delle scienze forensi hanno poi affermato che il viso di un'affogata non sarebbe stato ritrovato in condizioni così buone. Si presume quindi che la giovane sia morta per tubercolosi o che, addirittura, il calco fosse stato preso da una modella viva. O ancora, si dice che il sorriso possa essere un prodotto dell'operazione del calco. 
Tuttavia la forza della leggenda e del mito è tale da combattere e superare ogni dato attestato scientificamente. Su quel sorriso i parigini dell'epoca fantasticarono, amando immaginare le storie più disparate: in quell'espressione si volle vedere la placida rassegnazione alla morte, l'impossibile ricerca della tranquillità terrena, o forse un ricordo felice, l'ultimo, passato davanti agli occhi dell'Inconnue prima di essere risucchiata dalle gelide acque della Senna.

mercoledì 19 ottobre 2011

Chiunque abbia un cuore buono...

....vada qui.
Ho finalmente sviscerato il mio amore per gli Smiths e i Belle&Sebastian parlando dell'artwork delle loro copertine monocromatiche e dell'inguaribile sentimento adolescenziale che pervade le loro liriche: la malinconia.

Il Padre
Il Figlio

lunedì 17 ottobre 2011

L’indicibile tristezza del catalogo IKEA® - uno




Primo passo

Il suo silenzio non ti parla?


Agosto 2011


Pochi giorni fa, durante l’ultima seduta di terapia, ho coniato un’espressione che ha fatto sorridere la mia analista. S’è da poco trasferita in un casa nuova – e quindi in uno nuovo studio, che poi al paziente deve giusto importare lo spazio in cui si svolgono quei 50 minuti settimanali di blablabla; in realtà a me piacerebbe carpire un pochetto di più della persona che mi sta davanti e che a volte fa le migliori battute acide mai sentite in vita mia (roba che se non volesse più continuare ad esercitare come psicoterapeuta le consiglierei di iniziare ad annotarle – un esempio: “mhhhhh, più che presunzione, io direi onnipotenza.” Pausa. Risatina di due secondi –  e di proporle a Woody Allen, non si sa mai che un giorno la sua verve giudaica possa essere in secca). Sì, cerco d’immaginarmi la sua vita al di là delle due poltroncine rosse e del quadretto della colomba magrittiana appeso alla parete, oltre la lampada dal design asettico e minimale. Ora che non sta più nello studio in affitto di una collega, potrò finalmente cogliere dettagli, starò attenta a ogni possibile rumore: una lavatrice che centrifuga mi farà pensare che anche lei è umana, anche lei lava i maglioni di lana col detersivo per i delicati; magari, visto che il mio orario fisso è subito dopo pranzo, sentirò il rimasuglio dell’aroma dei cannelloni con la besciamella che s’è sparata a pranzo.

Come dev’essere dura non far trapelare nulla, tenere chiuso ogni spiraglio che possa suggerire qualcosa di personale ed intimo, trincerarsi dietro un “non c’è male”, ascoltare i fattacci, i segreti, le vite degli altri. Essere neutri, posati, accomodanti anche quando magari si vorrebbe dire alla persona che si ha davanti che è una snob del cazzo. Essere degli schermi e riflettere l’altra persona come in uno specchio, mostrarle chi è, o almeno provarci. Chissà come ci si sente a fine giornata. Bisogna avere una fermezza colossale per fermarsi al punto giusto, per dosare le domande, per non buttarsi troppo nell’altro. E’ proprio il lavoro che non farei mai: come dice Joni Mitchell in A Case of You, “parte della persona amata deborda e irradia i versi delle sue canzoni”, parte di me uscirebbe fuori dal contenitore (un gran piccolo contenitore, tra l’altro; ho la rara capacità di pisciare fuori dal vaso con una frequenza imbarazzante e di non riuscire mai – MAI – a rientrare nei bordi, nei canoni, nelle regole) e strariperebbe nell’altra persona; al contrario la mia analista è a tenuta stagna, doppio strato di silicone lungo i bordi per evitare le infiltrazioni e le fuoriuscite, due passate di smalto antimuffa, comportamento acciaio inox: lei “generalmente non saluta; se il paziente la incontra per strada, ricambia”.

Non parla molto, mi lascia sproloquiare. Ogni tanto, quando si mangia le unghie, mi chiedo se mi sta ascoltando – un po’ come Antonius Block che durante la confessione chiede al suo interlocutore mi ascolti? e non sa che dall’altra parte c’è la Morte che, nonostante lo incalzi nel suo sconforto, non si sbilancia quasi mai: asciutta, fredda, un’incredibile maschera umana.

- fine prima parte -

domenica 16 ottobre 2011

Filmini a caso/2

venerdì 14 ottobre 2011

Un cincino di musica

Così, volevo dirvi ultimamente cosa sto ascoltando e fare un punto della situazione delle ultime robette sentite.
Dopo una buona sbornia dubstep di Shackleton del quale ha parlato meglio di me qualcuno che la sa lunga, mi sono adagiata sulle dolci litanie lennoniane dei Girls che sanno come far durare un climax emotivo per circa 7 minuti senza stancare mai; ho fatto ballare il mio culetto anchilosato su Thundercat che è il bassista di Flying Lotus e ha tirato fuori un bell'album di jazz/fusion/elettronica; mi sono innamorata della cantante e chitarrista dei Widowspeak con la Danelectro e le sue ballate dal sapore anni '50 uscite da un film di Lynch (hanno pure coverizzato Wicked Games, tutto torna); ho pure assaggiato Apparat e il suo post-rock da sesso post a.m.; ho tenuto alta la mia fede verde oro con la bossa nova di Sergio Mendes; ho ascoltato più volte Bon Iver prendendomi davvero male, immaginandomelo nella capanna a soffrire per la sua Emma; mi son ripresa male per il secondo disco dei Bedhead che è omonimo e ha una voce sussurata dentro le chitarre, trame bellissime, intrecci sognanti, poi, boom!, momenti epici e crescendo da lacrime che gli Explosions in the Sky hanno fatto un cut and paste mica male; e poi ho fatto grandiose biciclettate con l'ultimo dei Twin Sister che qualcuno che la sa lunga e meglio di me ha definito "musica per party noiosamente alchemici, sdraiati su sgualciti divani a sondare le umide cavità altrui"; non contenta mi sono ri-innamorata di Feist che ha ciccato un album perfetto, uno di quegli album che già dalle prime note sai che è bellissimo e sì, mantiene la promessa fino all'ultimo; e, siccome non c'è due senza tre, è spuntata St. Vincent (di cui metto questa canzone, però sceglietene una a caso dal mazzo, non vi deluderà) di cui non avevo ascoltato nulla e che m'ha fatto pensare a Bowie in gonnella tanto è brava a cucirsi addosso melodie elegantissime, barocche e pompose e leggerissime al tempo stesso; gran finale di musica volante non identificata con Hype Williams.
Ah, l'ep di James Blake lo collocherei tra le cose più dolorose mai sentite. Una canzone come Enough Thunder mi lacera. Anelamento continuo, lamenti, svisate, "we can hope for heartbreak, now".

mercoledì 12 ottobre 2011

Dura Lex Sad Lex/2

Oggi. Università. Lezione di Storia del diritto. Fine lezione. C'aveva ragione Hobbes.


da notare il finale: "il brusio era abbastanza atto a stordire".

lunedì 10 ottobre 2011

Filmini a caso/1

"C'è bisogno di creatività" - Il mondo di Michel Gondry

(Lo so, è lunghissimo.)

a M.

Prima di andare a dormire ogni scrittore di belle speranze posa la penna e dice a mente una preghierina che recita più o meno così: Per favore, dammi il tocco raffinato di Truman Capote. Oppure: prima di andare a dormire ogni regista alle prime armi, spegne la cinepresa e dice una mente una preghierina che recita più o meno così: Per favore, fammi avere il dinamismo di François Truffaut. O ancora: prima di andare a dormire ogni giovane creativo ambizioso chiude la sua moleskine e dice a mente una preghierina che recita più o meno così: Per favore, fammi diventare come Michel Gondry.



Se esistesse un dizionario della creatività (o forse esiste ma non lo conosco – eppure qualcosa di simile era stato fatto da Bruno Munari col suo seminale ed illuminante Fantasia) Michel Gondry, francese di Versailles, classe 1963, professione regista, occuperebbe un lemma in grassetto. Oppure chissà, potrebbe essere coniato un termine per delineare il suo stile e descriverlo a coloro che, futuri appassionati ed epigoni, si abbevereranno alla sua opera; gondryniano, suonerebbe così l’aggettivo, ovvero un ingegnoso intreccio di trucchi e suggestioni visive tese alla manipolazione e alla sfasatura di ciò che si vede. Geniale burattinaio, Michel Gondry si fa beffa dello spettatore proponendogli un mondo stratificato in cui la realtà (o, meglio, quello che vediamo e al quale attribuiamo un valore di verità) è costantemente sovrapposta a un altro livello di finzione e, come nelle matrioske e nelle scatole cinesi, viene narrata una storia che necessariamente racconta un’altra storia.




Necessariamente perché il fil rouge che percorre gran parte della poetica gondryniana è la metanarrazione, ossia una storia speculare a sé (come nello spettacolare videoclip di Bachelorette per Bjork o ancora nella pubblicità per la Smirnoff) poiché contiene all’interno una copia più piccola della stessa; questo concetto, costantemente ricorrente nelle sue opere, trasforma la mise en scène di Gondry in una mise en abyme, un destabilizzante effetto di abisso che non ci fa percepire i confini della creazione artistica, anzi li rende sfumati, impalpabili perciò non esprimibili a parole. Il suo lessico di immagini abbindola lo spettatore ma Gondry, a differenza del mago, sembra voler svelare il trucco dei suoi artifici visivi: è uno stile teso al camuffamento (inganno, ciò che crediamo di vedere) e alla decostruzione (svelamento del trucco), proprio come nel videoclip di Let Forever Be, brano dei Chemical Brothers, che pare riprendere i disegni geometrici e labirintici di Escher e le coreografie caleidoscopiche del regista americano Busby Berkeley.




Le influenze di Escher e di Berkeley si concentreranno poi nei videoclip Protection (per i Massive Attack) e Knives Out (per i Radiohead), entrambi caratterizzati da un unico lungo piano sequenza e da un certosino lavoro scenografico e di dettagli surreali e divertenti. Tecnicamente i videoclip di Gondry sono ricchi di metodi geniali usati con padronanza e sapienza: split screen (Sugar Water, un rompicapo visivo degno di Memento di Nolan e Fuori Orario di Scorsese, e How Are You Doing?), stop motion (Fell in Love with a Girl, Cristalline, The Hardest Button to Button); Gondry a volte gira a 6 o 8 o 12 frames per secondo invece dei normali 24, così che la riproduzione c’impiegherà un quarto/un terzo/metà del tempo reale rispetto a quella proiettata a 24 fotogrammi, ottenendo così un effetto simile alle primissime pellicole dei Lumière o ai cartoni animati (Knives Out, Human Behaviour). Grande uso, inoltre, di giochi di proporzioni (The Denial Twist), di strutture cartonate, pupazzi di peluche, scenografie fatte di lana (Walkie Talkie Man come esempio massimo che condensa tecnica sopraffina a mise en abyme), mattoncini Lego, tutti elementi che rimandano a un’idea di infanzia filtrata in maniera divertita e divertente, un enorme luna park in bilico tra sogno e realtà in cui la creatività, l’immaginazione e la fantasia sono le uniche facoltà intellettive concesse. Il tema del sogno è proprio l’altro fulcro su cui poggia la struttura creativa e poetica dell’arte gondryniana, un tema speculare alla mise en abyme (realizzato nel cinema con l’espediente di sogno del sogno) che crea un unicuum narrativo ben percepibile attraverso tutte le opere del regista francese, un corpo poetico coerente e organico in cui ogni elemento si incastra con l’altro influenzandolo. Così le pellicole come Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of a Spotless Mind) e L’arte del sogno (The Science of Sleep), il commercial per Motorola e i videoclip come Deadweight di Beck e Everlong dei Foo Fighters, diventano esperimenti per sondare gli effetti della psiche umana tra dimensioni parallele futuribili, continui rovesciamenti grotteschi, proiezioni surreali a velocità mirabolante, stimoli sensoriali e suggestioni visive che non possono che appartenere all’inconscio e che donano un senso di inaspettata circolarità (ancora una volta Escher) alla narrazione.




Circolarità e moltiplicazione sono inoltre idee applicabili in modo perfettamente aderente alla poetica di Gondry; se nel video The Hardest Button to Button degli White Stripes sono ricorrenti (decine e decine di batterie vengono moltiplicate a ritmo con la musica), in Come Into My World di Kyle Minogue ne abbiamo la realizzazione paradigmatica: il concetto stesso di circolarità diviene concreto nella scelta di ambientare il video in un mondo tondo e limitato (quasi a ricordare il film Pleasantville o molto più semplicemente un set scenografico) che non ha nulla di reale e che si arrotola su se stesso producendo degli effetti surreali e di continua, quasi infinita, moltiplicazione e modifica. È un mondo, quello in cui cammina Kyle Minogue, che avvolgendosi e prendendo direzioni narrative plurime e incidenti come il nastro di Moebius (un oggetto paradossale molto amato da Escher), denuncia la propria finzionalità.
Gondry, così facendo, opera un corto circuito narrativo che porta la storia ad un altro livello (un secondo, un terzo e così via) ribadendo l’irriducibilità del discorso artistico che si riconosce in quanto tale e conferendo all’arte uno statuto autonomo: art for art’s sake (concetto traducibile con “l’arte per l’arte”), quindi senza interpretazioni o messaggi, fini didattici o morali o supposte verità.




Si è detto: circolarità e moltiplicazione. Gli stessi concetti sono adottati da Gondry per lo scheletro di alcuni dei suoi video più geniali. Circolari come la struttura di Around The World dei Daft Punk e moltiplicati come gli elementi di Star Guitar dei Chemical Brothers, due videoclip che potrebbero essere riassunti con l’efficace formula “guarda la musica, ascolta le immagini”. Nessun regista come Gondry ha modellato la commistione tra musica e immagini in modo così sintetico, riuscendo a risultare leggero, brillante, assolutamente unico. Around the World appare come la trascrizione visuale e coreografica della canzone: ogni gruppo di ballerini danza seguendo il ritmo di un singolo strumento, i b-boys seguono le linee del basso, gli scheletri la chitarra, le ragazze in costume il sintetizzatore, i robot la voce e le mummie la drum machine; un'operazione simile è stata realizzata per Star Guitar, in cui Gondry ha fatto danzare nientepopodimeno che treni, palazzi e ponti, elementi di un panorama ripresi, ritoccati digitalmente (uno dei suoi pochi videoclip in cui l’aiuto della tecnologia è fondamentale per il risultato) e sincronizzati con tutti gli strumenti del pezzo. Più recente Open Your Heart di Mia Doi Todd, in cui i ballerini vanno a tempo con la musica e creano giochi di colore.




Il colore per Gondry è sempre stato infatti una caratteristica essenziale: i suoi video hanno un tocco cromatico tipico, quasi diventato un marchio di fabbrica, e rinviano a mondi di fiaba, d’infancy e di poesia in cui gli oggetti, naturali e non, interagiscono e tessono inedite trame narrative di puro sogno e immaginazione (qui e qui). Questo è Michel Gondry: poeta, sognatore, voyant. Perché, come scrive Bruno Munari, la fantasia, l’invenzione, la creatività pensano, l’immaginazione vede.




sabato 8 ottobre 2011

Bike Smut: bicicletta&erotismo

Ho trovato la donna della mia vita.

Reclame!, come diceva Funari

In attesa di un pezzo a cui tengo molto (in uscita lunedì), vi segnalo alcuni articolo che ho scritto recentemente per Contaminazioni Positive.
Gli ultimi argomenti sono i Lego, il visual marketing (o merchanding, erroneamente tradotto in italiano col termine "vetrinistica"), l'incontro col music supervisor Randall Poster al Milano Film Festival e con Simon Reynolds alla Fnac per parlare di Retromania; dulcis in fundo ho curato un'interessante e corposa intervista a Carlo Meo, autore del libro Il Vintage Marketing che tanto m'ha ispirato per la rubrica Il Retrormentone che ha avuto l'onore di essere segnalata qualche tempo fa dalle ragazze di Frigopop (♥).
Inoltre segnalo questo approfondimento sui Blog Awards scritto dal buon Schiaffino che ho nominato parecchie volte qui e che ora ha una rubrica fissa mensile su ContPos.

Spero vi piacciano, buona lettura!

mercoledì 5 ottobre 2011

ll RETRORMENTONE numero nove - edizione speciale

Dove eravamo rimasti? 
Dopo una piccola pausa (c'eravamo lasciati che era il 17 Settembre e c'era afa e ora, a Ottobre, il caldo non accenna a diminuire, anzi...) la caccia al tesoro musicale dimenticato continua con un'edizione speciale. Ancora non saprei dirvi in cosa è speciale, ma vi svelo che il gioiello sommerso oggetto di questo post m'è venuto in mente stamattina mentre mi facevo lo shampoo e non m'ha più mollato tutto il giorno (quando è così so che non posso far altro che scrivere).
La canzone di cui parleremo non verrà svelata fino alla fine del post: molti di voi, sicuramente più sgamati di me, la capiranno già dall'inizio (e non vale usare Google!) quando leggeranno i primi soavi versi. Sì, perché questa canzone, che ha un ritmo mid-tempo alla Attenti al Lupo e una melodia alquanto banale (tra l'altro copia sbiadita del brano di Dalla), è impreziosita da uno dei testi più trash e twee (sì, a volte vanno a braccetto) degli ultimi 20 anni. Un testo che farà scoprire a voi cari lettori la presenza di un Steven Patrick Morrissey tricolore e una capacità scrittoria (almeno in questa canzone) che non ha niente da invidiare all'originale inglese. Finalmente possiamo glorificare il Moz de noantri: Beppe Dati. Il nome non vi dice nulla? Beh, perché non è lui l'interprete del nostro retrormentone, ma l'autore del testo. Mistero, mistero e ancora mistero.
Ultimissimo indizio prima di raccontarvi le liriche (non vi menziono il ritornello sennò capite subito di cosa si tratta): fu presentata a Sanremo che avevo 7 anni e diventò un vero e proprio tormentone. Bene, le premesse ci sono tutte. 
Ma di che si parla quindi? Parto col dirvi che il testo è un possibile condensato di Girl Afraid, Some Girls are Bigger Than Others (solo per il titolo, però), Accept Yourself e The Boy With the Thorn in his Side. Si parla di adolescenza e delle annesse paturnie: la protagonista è una quindicenne che contempla sospirando come una madonnina pentita (o infilzata che dir si voglia) il suo corpo in fase di trasformazione (nel primo verso si fa riferimento all'infanzia della protagonista, quando era un'acciughina): chi a quell'età non si è sentito frustrato e ha pianto solo chiuso in bagno per la festa del suo compleanno, e vedeva solo i suoi difetti sentendosi un fagotto? Chi non si è mai sentito solo e sconfitto e non voleva mangiare più? E chi soprattutto non ha sofferto per quelle risatine dietro che sembrano pugnali (e il testo prosegue con la rima: piangi e ti si appannano gli occhiali)?
E quindi il distico elegiaco che mi porto dentro al cuore dal '92: 
cresceranno i seni
chi ti prende in giro sono dei ragazzi scemi 
...versi che Moz ha sempre avuto in punta di penna ma non ha mai avuto il coraggio di buttare giù.
Il finale, davvero banale, fa trapelare un happy ending che nulla ha di morrisseyniano: il narratore, segretamente innamorato della protagonista, le confessa che potrà sempre contare su di lui durante questi anni così delicati.

Ecco, siamo arrivati alla fine.
Qui lo dico e qui lo nego: non svelo il titolo. Se entro una settimana a partire da oggi 5 ottobre raggiungo come minimo 10 commenti colle vostre soluzioni (v'ho detto di non usare Google!), mi metterò all'opera e registrerò un video-cover di questa canzone.

lunedì 3 ottobre 2011

Dura Lex Sad Lex

Cosa non si fa per guadagnare qualche soldo in più. Si ritorna tra i banchi di scuola, ad ammirare futuri giuristi, notai, avvocati, "operatori giuridici".
Un passo indietro: ho risposto ad un annuncio di una ragazza iscritta alla facoltà di Giurisprudenza che lavorando non poteva seguire le lezioni e quindi cercava qualcuno disposto a registrargliele e mandargliele giornalmente per mail. Il fato vuole che abiti a 5 chilometri dall'Università. Il fato vuole inoltre che questi giorni siano davvero belli, e quindi mi posso spostare in bici (stabilendo giornalmente record su record: dal quarto d'ora iniziale sono arrivata solo dopo 3 giorni a 10 minuti, complice anche la mia sempre più perfezionata conoscenza degli orari del passaggio del treno e del conseguente abbassamento della barra al passaggio a livello). 
"Seguo" (sì, tra virgolette perché posso fare quello che voglio tra cui leggere e dormire) alcuni corsi del primo anno. Prima osservazione: le matricole sono dolcissime mammole in calore che emanano effluvi di feromoni: altolà il sudore! Seconda cosa: ti seguono con lo sguardo qualunque cosa tu faccia. Quando la profe inizia la lezione io vado alla cattedra e lascio il registratore. Tornando al mio posto posso chiaramente sentirmi addosso lo sguardo di 30 persone, con tanto di movimento di testa che segue ogni mio spostamento. Inquietante, né?! Inoltre: tutti mantengono i loro posti, manco fossero ancora al liceo. E all'unisono prendono appunti (cosa fa loro capire che una cosa è più importante dell'altra? Il tono della profe che marca l'accento su certi concetti??). E ancora: soavi le loro facce a metà tra l'abbandono dell'adolescenza e un primo timido affacciarsi alla vita adulta. E poi ancora gli sguardi inviperiti se alla domanda della profe un loro compagno di corso risponde bene.
Uno dei momenti migliori è stato quando una ragazza mi ha chiesto se quello che stavo leggendo era il libro di testo (no, era Retromania) e un'altra ancora mi domanda perché non firmo il foglio delle presenze.

Desolato il tono di altre che mi dicono "no, ma io già tanto che arrivo a dicembre". Gloriosissima la leva giuridica del '92.

venerdì 30 settembre 2011

Dio è morto, Miles Davis è morto e neanch'io...

Un post veloce veloce giusto per accodarmi alle celebrazioni dei vent'anni che spuntano come funghi. Un utente su YouTube m'ha fatto notare (non mi sarebbe proprio venuto in mente) che due giorni fa era l'anniversario dei vent'anni della morte di Miles Davis.
E quindi vi propongo questa e sì, lo so che avrete da dire dicendo che voglio vincere facile, che A Kind Of Blue lo conosco proprio tutti, e ancor di più il pezzo che vi metto è quasi il più famoso.....però. E' fantastico vedere che a Miles Davis si gonfiava il collo come la rana della favola di LaFontaine. E poi....che gran suonare.

p.s. Avrei potuto usare una pregnantissima analogia tra il collo di Miles Davis e quello di Adriano Pappalardo nell'ennesima tristissima riesumazione di Ricominciamo oppure la vena di Massimo Ranieri nell'acuto di Perdere l'amore. Ma no, meglio LaFontaine, e poi quella favola mi ricorda la mia infanzia e gli album da colorare col pennarello magico.

sabato 24 settembre 2011

Le labbra di un comprovato sempliciotto

Cobain. Con la Smemo piena di frasi firmate Kurt tra parentesi (o tra due trattini, nel 2000 andava di moda così), fu proprio la Butty a farmelo conoscere. Non che non avessi mai sentito il suo nome: leggevo dal '97 il mitico Tutto Musica morto misteriosamente nel 2004 e Luca Valtorta, a cui devo una piccola ma consistente percentuale della mia cultura musicale, ne parlava spesso. Mi decisi quindi a comprare - era il luglio del 2001 - Nevermind, l'album che non mancava mai nella rubrichetta dedicata alle top five degli album preferiti dagli artisti intervistati da Tutto Musica. Lo trovai da Mediaworld presso l'Oriocenter e lo comprai con la cassetta di El Topo Grand Hotel dei Timoria perché ricordo che mi piaceva tanto Sole Spento. Fu un'estate in cui stampai i testi e le traduzioni delle canzoni di Nevermind da siti costruiti con GeoCities, ossia il paleolitico inferiore del Web di oggi: siti 1.0 che ora hanno lo stesso effetto visivo degli arcade game anni '80, sfondi bruttissimi e gif imbarazzanti, a volte da epilessia pura; immagini che non si aprivano e allora formavano il riquadro con la x in rosso; GeoCities che ospitava siti come Rotten, le foto degli avvistamenti degli UFO e le anticipazioni di Dawson's Creek - come mai già nel 2000 si sapeva che Jen sarebbe morta?
Beh, Nevermind me lo mangiai. Prontamente trasferito da cd a cassetta (avevo ancora il walkman), lo ascoltavo mattina e sera. Scrissi in onore di quel poeta maledetto biondo una canzone intitolata "Sto ascoltando la voce di un morto". [Che poi, a ben pensarci, l'illuminazione adolescenziale sui Nirvana la ebbi il 30 Aprile 2001 quando assistetti in diretta alla transazione TMC2-MTV e la prima cosa che mandarono fu proprio il celeberrimo concerto Unplugged in New York con quella luce soffusa e quei bellissimi fiori, chissà che fiori erano.]
Poco tempo dopo, era un sabato, me lo ricordo bene, il 22 Settembre 2001, comprai la mia prima chitarra e iniziai a suonare. Imparai le posizioni degli accordi pagando 50000 Lire un corso di 9 mesi all'oratorio, un posto dove non ero mai stata. Dopo pochi mesi iniziai a suonare da sola, imparando come autodidatta, ascoltando tanto le canzoni e scaricando da siti GeoCities le tablature dei Nirvana: la prima fu About a Girl, molto semplice perché inizia col Mi minore Sol ma poi c'ha i barré tipo Sol diesis e cose così, per cui mi limitavo a fare il verso. Una ancor più facile da fare era sicuramente Polly: Mi minore Sol Re Do oppure Come As You Are con quel Mi minore che diventa maggiore nel ritornello. Pennyroyal Tea era quella che mi piaceva di più suonare perché in quel periodo, dicembre del 2001, ero fissata con il giro di Do, e il La minore era diventato, per qualche oscuro motivo, il mio accordo preferito. La suonavo male, però, perché il Sib lo facevo diventare Re minore, e cambiava completamente l'andamento dell'urlo su "tea" o "-ty" di "royalty". 
Sì, perché le canzoni dei Nirvana erano azzeccatissime per iniziare a suonare: hanno un sacco di giri semplicissimi (SappySliverRape Me, All Apologies, Heart Shaped Box, Dumb, Something in the Way) ma efficaci e perfetti per le linee vocali di Kurt. Anzi, sembrano incollati sopra. Incollati come il poster che  mi regalò la ragazza che mi dava lezioni di matematica per il mio 16° compleanno: lo misi sopra la madonnina in gesso che avevo fatto in terza elementare. Tutto il 2002 lo trascorsi a suonare le canzoni un po' più "difficili", In Bloom, Lithium, On a Plain, Drain You (forse le mie preferite di Nevermind), Serve the Servants (con quel ritornello così anni '60) e Smells Like Teen Spirit (per la quale attaccai il distorsore alla mia chitarra acustica), ma soprattutto Lake of Fire e Plateau che ok, non erano loro ma dei Meat Puppets, ma m'erano rimaste così impresse che le volevo imparare. (Ah, ma Kurt Cobain quanto digrignava i denti durante quell'Unplugged storico?) 
Ricordo che 10 anni fa continuavo a pensare dove ero e cosa facevo nel 1994, quando Kurt s'era sparato, e mi sforzavo di trovare una qualche notizia assorbita dall'incoscio, una memoria sopita, una foto su un giornale. Cercavo di riportare a galla ricordi inesistenti. L'unica immagine che mi veniva in mente ero io in cucina a fare i compiti, aspettando alle 16 i Power Rangers. 
Beh, 10 anni dopo cosa mi rimane di quel tardivo periodo grunge (con tanto di maglioni sformati, capelli sulle spalle e jeans sbragati)? Ora che il poster di Kurt non c'è più - manco la madonnina - che la mia adolescenza è passata da un pezzo, e che ho lasciato a Tommaso Pincio, appassionato quanto me di Cobain, l'unica copia di uno scritto su Kurt e il Giovane Holden? Dopo avide letture delle biografie e dei diari di Cobain? Dopo aver suonato e risuonato così tanto le sue canzoni da avere la sicurezza matematica di saperle suonare e risuonare ancora tra 10 anni, a memoria, accordi&parole?
Posso solo citare un passaggio del libro di Salinger che parla di Holden, ma anche di Kurt, e forse di altri:
il capitombolo che ti stai preparando a fare...è un tipo speciale di capitombolo, orribile. A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentirsi quando tocca il fondo. Continua soltanto a precipitare giù. Questa bella combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell'altro della loro vita, hanno cercato qualcosa che il loro ambiente non poteva dargli. O che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli. Sicché hanno smesso di cercare. Hanno smesso di cercare ancor prima di aver veramente cominciato...

giovedì 22 settembre 2011

Facciamo il toto Primavera Sound?

Dai, giochiamo un pochetto!
Chi ci sarà l'anno prossima al Parc del Forum?
Io sparo i primi nomi, così, in attesa che questi benedetti biglietti vengano messi in vendita (i primi mille a 99 euri il 3 Ottobre. Pronti a ricaricare il conto PayPal??). E non dico quelli che vorrei io (vabbé, forse sì), ma quelli più papabili o più logici o più prevedibili.
E se qualcuno mi aiuta con le quotazioni (come si calcolano?) potremmo pure stilare un bollettino. O forse un sondaggio?

Primavera Sound 2012 - totosondaggioscommessa
 Grizzly Bear
 Girls
 Neon Indian
 Narcoleptic Dancers
 Patrick Wolf
 Neil Young
 Akron/Family
 Justice
 M83
 Yo La Tengo
 Memory Tapes
 The Horrors
 The Knife
 Stereolab
 Shellac
 Plaid
 Washed Out
 Antony
 Apparat
 Twin Sister
 Bon Iver
 Cant
 Koreless
 Keep Shelly in Athens
 Selah Sue
 Os Mutantes
 Radiohead
 Wilco
 Widowspeak
 Beirut



  
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aggiornamenti tardivi: e Feist?
aggiornamenti ancor più tardivi: e gli Stone Roses? Boom.