Sono passate quasi tre settimane dall'ultimo Retrormentone. Sì, ho lasciato passare Ferragosto (a torto, forse. E' ben risaputo che non c'è nulla di più nostalgico che ascoltare un amarcord musicale girovagando per le vie deserte e torride della città), mi son presa una pausa, ho programmato qualche post, ri-innamorata dei Grizzly Bear, preparato un'ignobile salsina per condire le patate lesse (burro fuso nell'antiaderente, pochissimo parmigiano grattuggiato e curry a volontà), visto film come Mean Girls e Che ne sarà di noi (con un Muccino imberbe prima della terapia logopedista) e infine capitata pure alla festa del Pd di Reggio Emilia dove, prima di sentire i Verdena per l'ennesima volta (e quest'anno sono già sei), mi sono abbuffata di tigelle farcite di un qualcosa chiamato erroneamente "pesto", ma che in realtà trattasi di "cunza" (lardo e rosmarino, il massimo della leggerezza) e ho visto, tra i vari banchetti, uno stand da, perdonatemi il gioco di parole, da standing ovation: Articoli da regalo russi. Magliette dell'unione sovietica, caschi di Gagarin. Altro che retrormentoni, questo è un tuffo nella Ostalgie alla Goodbye Lenin! Ma ecco che vede la luce, finalmente!, il RETRORMENTONE numero 6. Personalissimo, intimo, cullato da ricordi infantili e adolescenziali, è firmato dalla cara, carissima Chacha, classe '91, padrona di casa di Esprit d'escalier, divertita spettatrice e "analista" di RealTime nonché una delle poche ragazze a cui sta-da-Dio un bel taglio corto. Ok, taglio corto e lascio spazio a lei.
Ricomincia la galleria di immagini color seppiati dei ricordi della nostra gioventù. Le melodie che ci hanno accompagnato il pomeriggio del doposcuola, i jingle delle pubblicità che guardavamo tra un cartone e l’altro alle due del pomeriggio su ItaliaUno, la sigla di Papà Castoro.
Il mio Retrormentone è qualcosa di prettamente romantico, poco ricercato (lo conosce anche mia zia, che è ferma allo charme intimistico di Elvis Costello) ma molto orecchiabile, quindi superadatta all’estate. È la tipica canzone da ragazzina con problemi ormonali che si affaccia impreparata alla prepubertà, che attacca i poster del Cioè sull’armadio sopra il letto in camera facendo arrabbiare la mamma, perché lo scotch usato lascia il segno sul legno dei mobili. Ah, la vera trasgressione.
1998. A casa della Fede, la sera del suo compleanno, oltre che a leggere come baciare un ragazzo scopriamo che nella sua cameretta bianca ci sono dei cd con su 3 o 4 canzoni (singoli, l’ignoranza) di Lene Marlin e i The Corrs. Neanche 10.000 Lire. Tutte quante la invidiamo, sono introvabili, ma le canzoni ci piacciono troppo per odiarla. Cantiamo nel nostro inglese personale.
2000. Ascolto What Can I Do dal cd Unplugged, uno dei primi dischi originali che la mia collezione abbia mai visto. Mi innamoro di Andrea Corr.
2000 (pochi mesi dopo). Scopro che Andrea Corr e Robbie Williams hanno avuto un flirt. Invidio Robbie e mi abbandono al momento pseudopunk della mia adolescenza. Basta melensità.
2005. La mia allenatrice di pallavolo Silvia, che mi sta simpatica un casino, ci porta in Val Gerola a fare il campo estivo. Durante l’andata mi siedo davanti (sono la più alta) mentre lei guida e altre mie tre compagne stanno dietro. Noto un cd dei The Corrs nel portaoggetti, metto su Breathless e dentro di me moltiplico la mia stima per lei. Le chiedo di darmi il cinque.
2011. Son passati più di dieci anni e ogni tanto mi sento ancora così. Disillusa e romanticamente ancorata alle immagini platoniche di Piccoli Problemi di Cuore e delle letterine romantiche che ti scrivi con i compagni di classe, passate sottobanco tramite una catena di 18 mani durante le ore di Educazione Tecnica. Anelo ancora e sospiro nell’incontrare la mia metà perfetta di mela, la persona ideale a cui cantare soavemente queste parole zuccherate. Utopia, direte voi. Io vi rispondo che sognare è gratis, e che l’esser disillusi già prima dei sessant’anni e semplicemente triste.
Mi son sempre divertita a trascrivere dei testi in italiano, poesiole, usando come base canzoni anglofone. Mi ricordo che Eleanor Rigby era diventata Teddy L’Orsetto, e Scar Tissue aveva a che fare con un ragazzo orfano. L’altro giorno ho ritrovato il mio vecchio raccoglitore di miei pseudo testi. Le lacrime. Avevano pure ritmo, ciumbia. Beh, dei The Corrs avevo tradotto proprio What Can I Do, parlando di come il Fabio teneva in mano la penna mentre studiavamo qualcosa di Ungaretti. Ah, le prime cotte.
1 commenti:
ma come son contenta, grazie grazie e grazie! Ri-leggermi fa sempre un effetto strano, però bello..
quanto ai capelli, l'altro giorno i miei amici m'han proposto di far pantene protagonist, non scherzo xD
tra neanche una settimana constaterai anche tu e mi dirai la tua :)
ancora, grazie!!!
chacha
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