Mie care compagne,
ritorno amara più che mai per parlarvi di un caposaldo della mia personale controcultura.
Vi avevo lasciate quasi un mese fa col primo post del piccolo manifesto programmatico in cui abbozzavo in una meravigliosa cornice finto bohemien un'analisi di ciò che può entrare di diritto in un'estetica delle lesbiche depresse (che le lesbiche depresse abbiano o meno un'estetica è una questione da discutere in separata sede, ma d'indubbio interesse teorico).
Or incominciano le dolenti note, ossia: qual'è il modo più doloroso per manifestare il proprio disagio interiore che non sia l'autolesionismo, il sesso bondage o il finto tentativo di suicidio?
La risposta c'è. Ferzan Ozpetek. E qui mi sovviene la felice battuta del Nanni Moretti: "Continuiamo così, facciamoci del male".
Non basta essere lesbiche depresse (e quindi, come disse la mia professoressa al liceo, "Sturm und Drang: complesse, profonde e cariche di tumulti interiori") per essere giù, si possono raggiungere livelli sempre più bassi, attaccati a una flebo o una bottiglia di vodka al peperoncino, davanti a una (qualsiasi) pellicola del nostro turco de Rrroma.
Piccolo aneddoto: l'anno scorso seguivo un corso di linguistica semitica (non chiedetemi il perché, me l'avevano consigliato) e tra un concetto fondamentale della cultura araba e l'altro, il nostro caro professore (anche lui vestito male, a supporto della tesi illustrata in un altro post), tirò fuori Damasco, città in cui è presente uno storico bagno turco (in arabo hammam).
Per rendere la lezione più interessante, decise di buttarla su un argomento abbastanza masticato da noi ciofani: il cinema. Il nesso era ovviamente il film di Ozpetek Il bagno turco - qualcuno l'ha visto? E chi l'aveva visto se non la sottoscritta? Il profe, ringalluzzito da un lampo di vita, chiese agli altri se conoscevano il regista. Silenzio e nebbia. (il livello medio delle mie compagne di corso è James Blunt, Muccino, Twilight...Ozpetek era davvero troppo).
Il povero profe, che vide in me evidentemente l'unica conoscitrice del mondo ozpetekiano, mi guardò con estrema speranza. Iniziai così la mia Wiki: non solo gli elencai quelli che avevo visto (tutti, quasi) ma anche gli attori e l'anno di uscita. Entusiasta arrivò alla domanda finale: "e che ne pensa?"
No, non potevo fare come Fantozzi dopo la proiezione del capolavoro di Ejzenštejn, e mi limitai a un secco: "Sono un po' tutti uguali". Lui ammise che sì, in effetti la trama era sempre quella, con qualche minima variazione sul tema, ma rispose prontamente: "sì, ma quella è la loro forza".
Dopo qualche mese mi riguardai Saturno Contro, non solo per rimirare Ambra Angiolini che pippa come un'indemoniata, neanche per avere rigurgiti etero (beh, a volte tornano) contemplando Argentero. No. Volevo stare male, toccare il fondo, volevo provare un senso mistico della tragedia, dell'umanità, volevo essere in contatto diretto con Ferzan.
Ferzan, parlami, dimmi, perché? Perché questo scialbo realismo? Perché questa martoriata visione dell'amore? Questa sfiducia/fiducia nei rapporti? Questi tempi morti?
Ferzan, perché non parli?
Ma Ferzan quella volta mi parlò.
Riuscii a toccare il fondo della mia presunta depressione. E capii, aprii gli occhi.
Trovai quei film toccanti, logici, eccezionalmente intimi e ordinari. Colsi uno schema.
Eccolo: il teorema di Ozpetek:
"Prendi un personaggio (uomo o donna non importa) sull'orlo di una crisi di nervi. Fagli perdere ogni certezza. Rivoltalo come un calzino. Immergilo in una realtà nuova e sconvolgente. Fallo cambiare. Risultato? Amore per la vita pieno d'energia rinnovata o tristezza a palate e abisso".
Spiegazione logica del teorema: ciò che coinvolge di più è, oltre alla recitazione vibrante dei suoi attori (probabilmente è un mago e li mette a loro agio), proprio questa sensazione di continuità tra una pellicola e l'altra: sensazione sicuramente data dalla scelta di volti ricorrenti (Accorsi, la Buy in primis e l'attrice turca che c'è sempre) come pure dai personaggi che interpretano.
C'è sempre un malato, sempre un capo-famiglia, sempre un "folle" inteso nel senso medievale del termine, e sempre un personaggio rotondo, che muta dall'inizio alla fine. Proprio questo personaggio (la Buy nelle Fate Ignoranti, il giovane scrittore in Saturno Contro, la Mezzogiorno nella Finestra...), inizialmente esterno alla famiglia, alla comunità, o a una nuova realtà, viene assorbito da essa fino a esserne non solo parte, ma elemento essenziale. Credo sia indispensabile l'entrata di quel personaggio nel film: è il nostro sguardo, lo sguardo dello spettatore intimorito da una nuova realtà, pian piano condotto all'interno di essa fino ad amalgamarsi. E la mescolanza di questo nuovo elemento con la nuova realtà rende possibile un finale corale, a volte colmo di speranza e di crescita, a volte amaro.
Uscire incolumi da un film di Ozpetek si può, quindi, basta applicare il teorema, care fate ignoranti.
Poi dimenticate tutto e correte a guardare Almodovar.
ritorno amara più che mai per parlarvi di un caposaldo della mia personale controcultura.
Vi avevo lasciate quasi un mese fa col primo post del piccolo manifesto programmatico in cui abbozzavo in una meravigliosa cornice finto bohemien un'analisi di ciò che può entrare di diritto in un'estetica delle lesbiche depresse (che le lesbiche depresse abbiano o meno un'estetica è una questione da discutere in separata sede, ma d'indubbio interesse teorico).
Or incominciano le dolenti note, ossia: qual'è il modo più doloroso per manifestare il proprio disagio interiore che non sia l'autolesionismo, il sesso bondage o il finto tentativo di suicidio?
La risposta c'è. Ferzan Ozpetek. E qui mi sovviene la felice battuta del Nanni Moretti: "Continuiamo così, facciamoci del male".
Non basta essere lesbiche depresse (e quindi, come disse la mia professoressa al liceo, "Sturm und Drang: complesse, profonde e cariche di tumulti interiori") per essere giù, si possono raggiungere livelli sempre più bassi, attaccati a una flebo o una bottiglia di vodka al peperoncino, davanti a una (qualsiasi) pellicola del nostro turco de Rrroma.
Piccolo aneddoto: l'anno scorso seguivo un corso di linguistica semitica (non chiedetemi il perché, me l'avevano consigliato) e tra un concetto fondamentale della cultura araba e l'altro, il nostro caro professore (anche lui vestito male, a supporto della tesi illustrata in un altro post), tirò fuori Damasco, città in cui è presente uno storico bagno turco (in arabo hammam).
Per rendere la lezione più interessante, decise di buttarla su un argomento abbastanza masticato da noi ciofani: il cinema. Il nesso era ovviamente il film di Ozpetek Il bagno turco - qualcuno l'ha visto? E chi l'aveva visto se non la sottoscritta? Il profe, ringalluzzito da un lampo di vita, chiese agli altri se conoscevano il regista. Silenzio e nebbia. (il livello medio delle mie compagne di corso è James Blunt, Muccino, Twilight...Ozpetek era davvero troppo).
Il povero profe, che vide in me evidentemente l'unica conoscitrice del mondo ozpetekiano, mi guardò con estrema speranza. Iniziai così la mia Wiki: non solo gli elencai quelli che avevo visto (tutti, quasi) ma anche gli attori e l'anno di uscita. Entusiasta arrivò alla domanda finale: "e che ne pensa?"
No, non potevo fare come Fantozzi dopo la proiezione del capolavoro di Ejzenštejn, e mi limitai a un secco: "Sono un po' tutti uguali". Lui ammise che sì, in effetti la trama era sempre quella, con qualche minima variazione sul tema, ma rispose prontamente: "sì, ma quella è la loro forza".
Dopo qualche mese mi riguardai Saturno Contro, non solo per rimirare Ambra Angiolini che pippa come un'indemoniata, neanche per avere rigurgiti etero (beh, a volte tornano) contemplando Argentero. No. Volevo stare male, toccare il fondo, volevo provare un senso mistico della tragedia, dell'umanità, volevo essere in contatto diretto con Ferzan.
Ferzan, parlami, dimmi, perché? Perché questo scialbo realismo? Perché questa martoriata visione dell'amore? Questa sfiducia/fiducia nei rapporti? Questi tempi morti?
Ferzan, perché non parli?
Ma Ferzan quella volta mi parlò.
Riuscii a toccare il fondo della mia presunta depressione. E capii, aprii gli occhi.
Trovai quei film toccanti, logici, eccezionalmente intimi e ordinari. Colsi uno schema.
Eccolo: il teorema di Ozpetek:
"Prendi un personaggio (uomo o donna non importa) sull'orlo di una crisi di nervi. Fagli perdere ogni certezza. Rivoltalo come un calzino. Immergilo in una realtà nuova e sconvolgente. Fallo cambiare. Risultato? Amore per la vita pieno d'energia rinnovata o tristezza a palate e abisso".
Spiegazione logica del teorema: ciò che coinvolge di più è, oltre alla recitazione vibrante dei suoi attori (probabilmente è un mago e li mette a loro agio), proprio questa sensazione di continuità tra una pellicola e l'altra: sensazione sicuramente data dalla scelta di volti ricorrenti (Accorsi, la Buy in primis e l'attrice turca che c'è sempre) come pure dai personaggi che interpretano.
C'è sempre un malato, sempre un capo-famiglia, sempre un "folle" inteso nel senso medievale del termine, e sempre un personaggio rotondo, che muta dall'inizio alla fine. Proprio questo personaggio (la Buy nelle Fate Ignoranti, il giovane scrittore in Saturno Contro, la Mezzogiorno nella Finestra...), inizialmente esterno alla famiglia, alla comunità, o a una nuova realtà, viene assorbito da essa fino a esserne non solo parte, ma elemento essenziale. Credo sia indispensabile l'entrata di quel personaggio nel film: è il nostro sguardo, lo sguardo dello spettatore intimorito da una nuova realtà, pian piano condotto all'interno di essa fino ad amalgamarsi. E la mescolanza di questo nuovo elemento con la nuova realtà rende possibile un finale corale, a volte colmo di speranza e di crescita, a volte amaro.
Uscire incolumi da un film di Ozpetek si può, quindi, basta applicare il teorema, care fate ignoranti.
Poi dimenticate tutto e correte a guardare Almodovar.
7 commenti:
sei libera di non crederci ma questa mattina,la profa di italiana(donna oggettivissima, civilissima,democraticissima,ma un poco frigida nei rapporti umani) si è rivolta a me dicendomi:" c'è troppo sturm und drang e troppo sarcasmo al contempo,in te, tesoro, per poter risultare una vincente in questo sistema scolastico".
io sono una signora perdente coi fiocchi:patetica,presuntuosissima,dolorante.
miri
Miri si sveglia a mezzanotte con impeto e assalto.
Ma ti ha chiamato davvero "tesoro" nonostante la sua estrema frigidità? Uh, forse era un "tesoro" detto con tono frigido: orribile!
Bello il dolorante, ma come ti escono certe cose?
no no.mi ha chiamata davvero tesoro.ma il discorso è un pò complesso. sta benedetta donna è un pozzo di scienza,autentico. e io la definisco la "perfetta cittadina", perchè ha un senso civico inattacabile e snervante. oh mamma mia, niente e nessuno mi ha mai fatto sentire impotente come lei e il suo fagotto di senso civico.
tutto si può attaccare ma non il senso civico. ma soprattutto non bisogna azzardarsi a farlo se dietro ad esso si erge l'ego di zeus padre mischiato alla cultura di Montanelli e alla rettitudine di un cane poliziotto.
detto in parole povere sta donna mi fa sentire una merda.sempre,sia che le parli di virginia woolf, della tazza del cesso o dei pokemon.
"cara silvia,tutto mi ha abbandonato ma non la certezza della tua bontà"le ha detto il boia prima di buttarsi al fiume.
silvia,è a te che dedico il mio sturm und drang, a te e ai tuoi lunghi e copiosi complimenti per la mia abilità di scrittura e la mia dirompente personalità.
miri
ooops forse mi sono fatta prendere la mano:)
dev'essere il preciclo.
dev'essere l'ansia da prestazione.
miri
Ansia da prestazione de che??
Sono un po' presa da vari lavoretti: scriverò meno ma vi leggo.
scrivimi pure per mail
ma no, è quella donna domina che mi causa ansia da prestazione.le sue aspettative,le mie ulcere.
lavora pure in pace.
miri
Forse non c'entra niente o forse sì. Ma comunque avevo visto Saturno Contro e avevo pensato un po' commosso che Ozpetek ci sapeva fare. Non mi sembrava vero che quella fosse la Ambra di Favola - per la regia di Fabrizio De Angelis -. Anche Accorsi (che secondo me più che recitare ansima) mi aveva convinto. Poi ho visto Mine Vaganti e lette le più che ottime critiche sono corso a vederlo con l'entusiasmo di un giovane che ha tutta la vita davanti. Invece... Più il film proseguiva più io affondavo. L'ho trovato di una bruttezza allucinante, così pesantemente ruffiano, così "guardatecomesonoalternativoenostalgicoesofferto". Solo colpevolmente in ritardo mi è venuto in mente Almodóvar. E mi son detto, e ho detto dentro di me -ovvio- ad Ozpetek: "Ma quanto ti piace Almodóvar eh?!". E allora guardati i suoi film e non tentare di scimmiottarlo ti prego!
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