L'anno scorso, fine agosto, ero impatanata tra gli scaffali della biblioteca della mia città, sezione lett. francese o di lingua francofona.
Cercavo un qualcosa ma non sapevo bene cosa: il mio sguardo si spostava veloce, indugiando su titoli più o meno conosciuti. Balzac, Camus, Celine. Cocteau.
Mi capita tra le mani, quasi cadendo, un libretto: I ragazzi terribili. Me ne aveva parlato un anno prima un mio amico, descrivendomelo come uno dei libri più vivi che avesse mai letto. Pure la copertina giocava un certo ruolo, come le illustrazioni al suo interno, di Cocteau stesso: 3 visi quasi stilizzati e sovrapposti, di profilo. Perfetto, è mio.
M'immergo. La scrittura è vibrante, plastica, colpisce allo stomaco ed è paradossalmente partorita da un autore distaccato e complice . Quella storia è una ferita aperta. Solo alla fine del libro leggo che Cocteau ha scritto il libretto in 17 giorni, durante il periodo di disintossicazione dall'oppio. E quindi capisco.Lucido e coinvolto, il suo fantasma si percepisce in filigrana. Si respira un'atmosfera di morte, come una sconfitta universale, un clima morboso che ti incolla alle pagine fino al climax degno di una tragedia greca. Perché I ragazzi terribili è una tragedia il cui epilogo è intuibile già dalle prime pagine.
Un malessere strisciante, sottile, che si attacca alla carne, che porta fino a un punto di non ritorno serpeggia non solo nel libro, tra i protagonisti, avvolgendoli come la neve, ma raggiunge anche il lettore. Il tutto senza descrizioni psicologiche, senza fornire alcun alibi, con uno stile secco, a volte asettico, rassegnato, ma vivo, pulsante, quasi a celare un reale lacaniano, un vuoto perturbante, sfuggente, irrazionale, l'abisso della morte.
Un anno fa scrissi:
Mi capita tra le mani, quasi cadendo, un libretto: I ragazzi terribili. Me ne aveva parlato un anno prima un mio amico, descrivendomelo come uno dei libri più vivi che avesse mai letto. Pure la copertina giocava un certo ruolo, come le illustrazioni al suo interno, di Cocteau stesso: 3 visi quasi stilizzati e sovrapposti, di profilo. Perfetto, è mio.
M'immergo. La scrittura è vibrante, plastica, colpisce allo stomaco ed è paradossalmente partorita da un autore distaccato e complice . Quella storia è una ferita aperta. Solo alla fine del libro leggo che Cocteau ha scritto il libretto in 17 giorni, durante il periodo di disintossicazione dall'oppio. E quindi capisco.Lucido e coinvolto, il suo fantasma si percepisce in filigrana. Si respira un'atmosfera di morte, come una sconfitta universale, un clima morboso che ti incolla alle pagine fino al climax degno di una tragedia greca. Perché I ragazzi terribili è una tragedia il cui epilogo è intuibile già dalle prime pagine.
Un malessere strisciante, sottile, che si attacca alla carne, che porta fino a un punto di non ritorno serpeggia non solo nel libro, tra i protagonisti, avvolgendoli come la neve, ma raggiunge anche il lettore. Il tutto senza descrizioni psicologiche, senza fornire alcun alibi, con uno stile secco, a volte asettico, rassegnato, ma vivo, pulsante, quasi a celare un reale lacaniano, un vuoto perturbante, sfuggente, irrazionale, l'abisso della morte.
Un anno fa scrissi:
"Truffaut diceva in Jules e Jim: "La felicità si racconta male a parole". (che poi erano parole di Roché)
Cocteau, in questo brevissimo romanzo allucinato, la felicità la vede da lontano, ovattata da un cieco malessere, da un'ambiguità di fondo.
E tutto finisce come era iniziato, come in un incubo nato dall'oppio.
In 3 non si può mai essere felici."
(tra parentesi: si veda The Dreamers e si noti la "terribile" somiglianza)
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