Il grido del popolo risuona alto e unanime. Venga fatta giustizia!
Dopo il misero 5.3 di Pitchfork (che esalta - giustamente - certi artisti, ma è anche reo - confesso - di aver dato voti spropositatamente alti a ciofeghe universali), dopo il super-mega inimitabile Cross del 2007, disco che, insieme a A Kind of Blue di Miles Davis, ha avuto il merito, rarissimo, di mettere d'accordo proprio tutti (hipster col tatuaggio a forma di triangolo, baffoni nostalgici di Lenny, tamaVVi iperpalestrati, amanti del french-touch, metallari cattivi e meganerd della slappata virtuos-masturbatoria), dopo il celebrato e ruffianissimo spot Adidas diretto da Romain Gavras, ascolto finalmente Audio, Video, Disco, seconda fatica del duo heavy-electro Justice. Dell'omonimo singolo uscito due mesi fa avevo a suo tempo scritto e sostanzialmente potrei ripetere le stesse cose per parlare di questo controverso sophomore album.
Controverso, sì: agli orfani di Cross non è piaciuto. Come mai? Ok, manca il singolone catchy come D.A.N.C.E. o lo stucchevole pitch-shifting di The Party. Eppure i synth saturi e insostenibili ci sono, gli archi svolazzanti pure, i bassi slappati anche, le ospitate canore in auto-tune non mancano. E allora perché questa insoddisfazione? Perché la virata prog-epic-kitsch è davvero pesante: uno schiaffone (uno slappone, se vogliamo) alla facciazza degli hipster e un abbraccione ai riccardoni invasati di Yes, Queen, John Miles di Music (brano fondamentale per comprendere a fondo questo lavoro dei Justice), Van der Graaf Generator. Palm muting, riffoni con la diavoletto Gibson, organi a iosa, strafottenza e grezzume che raggiungono spessori inediti e che sinceramente hanno dell'eroico. Ohio è la canzone che i Fleet Foxes suoneranno nel 2025 (ed è concettualmente una Trans Europe Express esportata in USA), Horsepower suona come la sigla mai realizzata per le trasmissioni leggere di Fininvest con i balletti di Lorella Cuccarini, Brianvision un calderone di epicità alla The Legend of Zelda, Helix fa muovere il culo anche a mia nonna. Abbiamo stacchi di batteria che ricordano Hot Stuff di Donna Summer, Irene Cara di Fame, Giorgio Moroder lì a mo' di santino, il tutto condito da un'estetica retro-futuristica post-glam a 8bit. Il periodo è quello: '75-'79, da lì non si scappa.
Da ascoltare on'n'on'n'on'n'on............
1 commenti:
Oh, vien quasi voglia di ascoltarlo. :-D
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