lunedì 27 giugno 2011

Quel pizzico in più

Sono giorni bu(o)i.
La vena artistica degli autori di "Un posto al sole" è in secca, d'altronde con un nome così non mi sarei aspettata diversamente. Una virata virago e il gioco è fatto!: la mangiauomini diventa lesbica e il segreto sta nella pelle morbida e nelle carezze (che tanto sanno di "riscoperta del sesso" al giro di boa dei 50). Una vera storia d'amore. E mi raccomando, perché le storie d'amore tra omosessuali sono quelle più pure, l'ha detto Veronesi.
Intanto a Milano (ma anche a Berlino, S. Pietroburgo, Parigi, Napoli...) si sfila, Pisapia promette il registro delle unioni civili, a NY i gay si possono sposare. Tutto bene, no?
Non credo parteciperò mai a cose del genere. Non mi riconosco affatto nelle lotte, rivendicazioni, sbandieramento e carnevali colorati. Trovo che il pride sia una forma di ghettizzazione auto-indotta alla quale m'oppongo: mentre si dovrebbe elevare la normalità pacata e discreta, si sbatte in faccia senza mezzi termini il carosello degli slogan ironici, la diversità.
Il mio è un ragionamento umanista: perché calcare la mano proprio sull'elemento disgregante, la diversità, quando si potrebbe ribaltare l'opinione degli omofobi o dei bigotti (che avranno sempre la stessa idea se si va avanti a gay pride) con un comportamento assolutamente normale?
Non ci sarebbe da ostentare proprio nulla.......semmai si mobiliterebbe la propria normalità, la propria discrezione, il silenzio, e la sfera privata rimarrebbe sacra: se si espugna anche quest'ultimo baluardo, tutto davvero può essere messo in piazza. Scorgo una facilità eccessiva, quasi morbosa, nel discorrere di sesso e sessualità, un'altrettanto disarmante capacità di mostrarsi per il gusto di gridare al mondo "guardaMI", un'ipertrofica apparenza, un bisogno individualista malato - me, me, me - che sfocia in un io di tipo masturbatorio.

E il discorso si allarga dal gaypride, ostentazione della diversità sessuale, a tutte quelle forme di esaltazione del diverso e dell'eccentrico solo per "épater la bourgeoisie", della ricerca costante del "pizzico in più". Questo è il classico ragionamento deleterio che allontana le persone. Mi chiedo: si è diversi per scappare dall'omologazione? In teoria sì. Ma se questo atteggiamento coincide con una nuova omologazione, una paradossale omologazione della diversità? Un popolo eterogeneo di massa senza direzione, né collante, né sentimento, ma che fa della distanza e del divario il proprio credo.


1 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivisibile anzichenò. Le rivoluzioni bisogna saperle fare, diceva Pasolini, perché troppo spesso nelle rivoluzioni c'è la lunga mano del padrone. L'ostentazione, la messa in scena, sono in effetti il risultato perpetuo e bizzarro di questa logica. Tutto si risolve in una pacchiana, certo divertente, apologia della diversità. Il tempo di un carro che passa, di Germanotta che cosparge di note il volgo ammantando il tutto con flutti di spensieratezza impegnata. Il giorno dopo però rimangono solo coriandoli raccolti dai netturbini.