Un vuoto consequenziale ed ondivago mi cattura quando metto piede dalla parrucchiera.
Ieri l'altro, nonostante avessi tradito dopo 17 anni la mia acconciatrice di fiducia (la Carla) per passare alla sua discepola che da un anno s'è messa in proprio, non mi sembrava fosse cambiato molto: le avventrici erano le stesse che trovavo chez Carlà, però in una versione più imborghesita e meno "de pais" (di paese).
La camminata spavalda dell'iperpiastrata al giro di boa dei 40 mi terrorizzava. Le perle di saggezza zen della sciura de chèsa anelante una messa in piega mi paralizzavano. La sicumera ostentata dalla cinquantenne tornata da un viaggio one-day a Londra m'atterriva.
Loro la sanno lunga e la sanno più di me.
Confesso la mia ignoranza. Non so nulla delle nozze di Kate e William. Sono poco informata sui trucchi per mantenere vivo un matrimonio. Né ho lo stesso coraggio della figlia di una di quelle signore che partirà a Londra per imparare la lingua e lavorerà in un chiosco ad Hyde Park - "si fanno un sacco di soldi", ne era convinta la madre mentre lo annunciava da sotto il casco della permanente.
Sto sbagliando tutto. Questa mia laurea servirà a rinfoltire le fila di quelle disoccupate che, entrando dalla parrucchiera, verranno colte da un attacco di panico perché non hanno argomenti da condividere con le altre clienti.
Mi chiedo, pertanto: la parrucchiera è un'anticamera del debutto in società? Un banco di prova per testare le proprie capacità interrelazionali? Un microcosmo del mondo?
Se è così, rivendico a gran voce la mia non idoneità.
apocalisse, prendimi.
1 commenti:
La risposta alla questione "...Come possono in un brano convergere 40 anni di musica?" è...
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