mercoledì 17 febbraio 2010

Nel millenovecentonovanta avevo cinque anni

Io sono figlia della tv privata.
Dei cartoni animati di Bim Bum Bam. Dei Giochi Preziosi e del Crystal Ball. Delle salopettes di jeans e delle prime tute in acetato con colori imbarazzanti che vedevo - ed invidiavo - ai miei compagni di classe e che mamma tanto odiava. Dei gelati Eldorado e di quegli album da colorare con un pennarello che cambiava colore magicamente. Della pubblicità Egoiste che mi faceva paura, tutte quelle donne isteriche e un uomo che combatteva contro la propria ombra, ma anche di quelle più rassicuranti della Barilla (alzi la mano chi non ha dovuto imparare la musica al flauto!).
Il primo ricordo che ho è una puntata di Fantastico '87 con le pause di Adriano Celentano. A dir la verità parte della mia infanzia ruota attorno a lui. I miei mi hanno raccontato che, senza manco aver visto Bingo Bongo, durante la visita allo zoo indicai con una certa agitazione l'Orango Tango dicendo: "Tano, Tano".
Qualche anno dopo cambiai gusti e miei nuovi idoli televisivi diventarono Cristina D'Avena e Lorella Cuccarini.
La prima, mito di tutti noi bambini, imperversava dall'86 con Love me Licia su Canale 5 e fece da subito breccia nel mio cuore di bimba di 3 anni. Cristina non solo cantava la sigla (la sigla più venduta del 1986, recita Wikipedia), ma aveva il ruolo della tenera dolce piccola incantevole Licia insidiata da quel bulletto di Mirko. Il candore virginale della D'Avena, che nel 1988 aveva solo 24 anni ma ne dimostrava 18, m'imbarazzava a tal punto da farmi diventare rosse le guance: già a 4 anni ero mossa da ardori protolesbici concentrati perfettamente in una mia frase pronunciata in pubblico, frase che Freud potrebbe addurre a causa di tutti gli scompensi conseguentemente verificatisi:

"da grande voglio sposare Cristina D'Avena e Lorella Cuccarini"

La seconda, invece, la Cucca nazionale, passata a Mediaset allora Fininvest nel 1987 e figura di punta della stagione 1988-89 con Odiens, aveva alle spalle il successo di Fantastico 7 dell'86 condotto, tra l'altro, con uno dei miei idoli televisivi delle annate '91-'93, Alessandra Martines, cioé Fantaghirò.
Ma andiamo con ordine; la Cucca, il mio wonderwall, poteva cantare recitare ballare condurre senza avere il fiatone. Indistruttibile.
Nell'immaginario comune lei e Marco Columbro sono stati i genitori mediatici che tutti noi bimbi nati tra l''84 e il '90 abbiamo sognato di avere: lei bionda occhi azzurri e voce squillante, te la figuri subito di domenica che ti chiama con un "è prontoooooo" dal piano di sotto mentre sforna la lasagna col guantone da cucina e il grembiule a fiorellini (modello donna americana perfetta massaia anni '50) e lui, il babbo, occhiali da vista che legge il giornale e accessoriamente fuma la pipa/accarezza il cane/guarda la Tv.

Qualche anno più tardi - neanche troppo tempo dopo in realtà, perché ero in prima elementare, quindi avevo 6 anni - la mia velata passione femminile si concretizzò, mi si perdoni la rima imbarazzante, con Fantaghirò.
Fantaghirò era il non plus ultra per la lesbica latente in me: una donna che fa finta di essere un uomo e che si taglia i capelli da uomo e che combatte come un uomo e che quasi seduce le pulzelle. Lamberto Bava non aveva fatto altro che rielaborare Lady Oscar e collocarla in un universo pseudomedievale e pseudofantasy, il tutto condito dalle indimenticabili musiche di Amedeo Minghi; ma la cosa più allucinante era che Bava era riuscito a far recitare un sasso - e no, non mi riferisco alla Martines, attrice nata col dono della monoespressione.
Fantaghirò mi segnò così tanto che all'età di 9 anni - durante quel periodo di pieno fermento lesbico riassumibile in: karate, Power Rangers e tatuaggi lavabili con l'acqua - le dedicai il mio Carnevale e tagliai i capelli come lei. Ancora adesso la mia parrucchiera mi saluta raccontando a tutte le sue avventrici che nel '94 andai da lei con una foto della Martines.

Nulla di cui stupirsi, quindi.
Sia la D'Avena che la Cuccarini che Fantaghirò sarebbero diventate in seguito immortali icone gay.

4 commenti:

accento svedese ha detto...

Ti dico un solo nome: "I Cinque del Quinto Piano". La mia coscienza politica è nata guardando quella assurda sitcom che più che una sitcom era un gigantesco contenitore di publicità occulta. Ho capito quello che nella vita avrei voluto/dovuto combattere.

casadivetro ha detto...

Ho un ricordo sbiadito: accento da bauscia, figlioletto pronto a lavorare in Fininvest nonostante un abbozzo di ribellione, situazioni comiche da "battista la raspa..."?

Ho visto una puntata 5 anni fa alle 4 di notte. Rabbrividisco al solo pensiero di quei colori pastello.
Di peggio ho visto solo "Sposerò Simon Le Bon".

Federica ha detto...

Anche se sono nata qualche anno prima di te (annata '79) ho ritrovato un bel po' del mio passato in quello che hai scritto. Fantaghiro' e Cristina D'Avena erano una mia passione smodata, nonostante non abbia mai avuto il coraggio di confessarlo a nessuno...
La Cuccarini mi era piu' indifferente, mi faceva simpatia, ma nulla piu' (anche se pensavo e speravo che avesse una storia con Marco Columbro, mi sembravano perfetti insieme).

P.S. ho finalmente visto Viole di Mare....mi verrebbe da commentarlo citando Fantozzi: E' una ca***a pazzesca! Pero' la Solarino e' sempre un gran bel vedere!

Anonimo ha detto...

Condivido totalmente i gusti televisivi... e come non farlo?!
Ma a quei tempi, il mio sogno più grande (anche quello ovviamente irrealizzato... mi sembra ovvio) era il CRYSTAL BALL!!!
Credo di non aver desiderato ancora niente e nessuno quanto il crystal ball... fortunatamente mi sono consolata con Gira la moda... uhm...

F.