mercoledì 31 agosto 2011

Simon Reynolds, 20 Settembre, Milano

Vi riporto, tutta felice, la notizia che Simon Reynolds sarà alla FNAC di Milano martedì 20 Settembre alle 19 per presentare Retromania. Oltre al capoluogo lombardo, farà tappa a Pistoia e Roma (con convegni molto più interessanti della "data" di Milano).
Inutile dire che ci sarò.
Qui per tutte le info.


Vi segnalo, intanto, un'interessantissima riflessione, sempre legata al volume di Reynolds di prossima uscita, comparsa su WIRED: qui la conclusione con relativi link agli interventi precedenti.

domenica 28 agosto 2011

Senza pensarci troppo

Una delle cose che mi piace di più è fare i cd misti. Ora li chiamano playlist, o compilation. Se il primo termine mi sa tanto di nerd, il secondo mi puzza di anni '90 e di hit mania dance. Ieri ne ho fatto uno per un amico, così, senza trovare necessariamente un filo conduttore e il risultato m'è piaciuto tanto. L'ho modificato un pochetto perché è giusto che il destinatario solo abbia l'originale ed ecco cosa è uscito:

http://www.mediafire.com/?5lhw9991tck8srd

La sequenza:
  1. Otis Redding - Announcement
  2. Sérgio Mendes & Brasil '66 - Chove Chuva
  3. Broadcast - The Book Lovers
  4. Can - Vitamin C
  5. Twin Shadow - When We're Dancing
  6. Silver Apples - Oscillations
  7. Nikita Quasim - Can't Go to Cuba
  8. Soft Powers - Just Like Tropica-L
  9. Mina - Cartoline
  10. Deerhoof - Spirit Ditties of No Tone
  11. Sébastien Tellier - Fantino
  12. Stereolab - Pack Yr. Romantic Mind
  13. Tamba Trio - Garota de Ipanema
  14. Yo La Tengo - My Little Corner of the World
  15. Anika - Yang Yang
  16. Piero Umiliani - Centrali Termiche
  17. The Beach Boys - Pet Sounds
  18. Candy Claws - A Strange Land Discovered
18 pezzi dal facile ascolto, molto ballabili, che potrebbero andare bene per fare footing, studiare, cucinare, lavare i piatti, fare l'amore, scrivere, addormentarvi, lavorare. Spero vi piaccia come sono piaciute a me.

venerdì 26 agosto 2011

Il RETRORMENTONE numero sei

Sono passate quasi tre settimane dall'ultimo Retrormentone. Sì, ho lasciato passare Ferragosto (a torto, forse. E' ben risaputo che non c'è nulla di più nostalgico che ascoltare un amarcord musicale girovagando per le vie deserte e torride della città), mi son presa una pausa, ho programmato qualche post, ri-innamorata dei Grizzly Bear, preparato un'ignobile salsina per condire le patate lesse (burro fuso nell'antiaderente, pochissimo parmigiano grattuggiato e curry a volontà), visto film come Mean Girls e Che ne sarà di noi (con un Muccino imberbe prima della terapia logopedista) e infine capitata pure alla festa del Pd di Reggio Emilia dove, prima di sentire i Verdena per l'ennesima volta (e quest'anno sono già sei), mi sono abbuffata di tigelle farcite di un qualcosa chiamato erroneamente "pesto", ma che in realtà trattasi di "cunza" (lardo e rosmarino, il massimo della leggerezza) e ho visto, tra i vari banchetti, uno stand da, perdonatemi il gioco di parole, da standing ovation: Articoli da regalo russi. Magliette dell'unione sovietica, caschi di Gagarin. Altro che retrormentoni, questo è un tuffo nella Ostalgie alla Goodbye Lenin!
Ma ecco che vede la luce, finalmente!, il RETRORMENTONE numero 6. Personalissimo, intimo, cullato da ricordi infantili e adolescenziali, è firmato dalla cara, carissima Chacha, classe '91, padrona di casa di Esprit d'escalier, divertita spettatrice e "analista" di RealTime nonché una delle poche ragazze a cui sta-da-Dio un bel taglio corto.
Ok, taglio corto e lascio spazio a lei.
Ricomincia la galleria di immagini color seppiati dei ricordi della nostra gioventù. Le melodie che ci hanno accompagnato il pomeriggio del doposcuola, i jingle delle pubblicità che guardavamo tra un cartone e l’altro alle due del pomeriggio su ItaliaUno, la sigla di Papà Castoro.
Il mio Retrormentone è qualcosa di prettamente romantico, poco ricercato (lo conosce anche mia zia, che è ferma allo charme intimistico di Elvis Costello) ma molto orecchiabile, quindi superadatta all’estate. È la tipica canzone da ragazzina con problemi ormonali che si affaccia impreparata alla prepubertà, che attacca i poster del Cioè sull’armadio sopra il letto in camera facendo arrabbiare la mamma, perché lo scotch usato lascia il segno sul legno dei mobili. Ah, la vera trasgressione.

1998. A casa della Fede, la sera del suo compleanno, oltre che a leggere come baciare un ragazzo scopriamo che nella sua cameretta bianca ci sono dei cd con su 3 o 4 canzoni (singoli, l’ignoranza) di Lene Marlin e i The Corrs. Neanche 10.000 Lire. Tutte quante la invidiamo, sono introvabili, ma le canzoni ci piacciono troppo per odiarla. Cantiamo nel nostro inglese personale.

2000. Ascolto What Can I Do dal cd Unplugged, uno dei primi dischi originali che la mia collezione abbia mai visto. Mi innamoro di Andrea Corr.

2000 (pochi mesi dopo). Scopro che Andrea Corr e Robbie Williams hanno avuto un flirt. Invidio Robbie e mi abbandono al momento pseudopunk della mia adolescenza. Basta melensità.

2005. La mia allenatrice di pallavolo Silvia, che mi sta simpatica un casino, ci porta in Val Gerola a fare il campo estivo. Durante l’andata mi siedo davanti (sono la più alta) mentre lei guida e altre mie tre compagne stanno dietro. Noto un cd dei The Corrs nel portaoggetti, metto su Breathless e dentro di me moltiplico la mia stima per lei. Le chiedo di darmi il cinque.

2011. Son passati più di dieci anni e ogni tanto mi sento ancora così. Disillusa e romanticamente ancorata alle immagini platoniche di Piccoli Problemi di Cuore e delle letterine romantiche che ti scrivi con i compagni di classe, passate sottobanco tramite una catena di 18 mani durante le ore di Educazione Tecnica. Anelo ancora e sospiro nell’incontrare la mia metà perfetta di mela, la persona ideale a cui cantare soavemente queste parole zuccherate. Utopia, direte voi. Io vi rispondo che sognare è gratis, e che l’esser disillusi già prima dei sessant’anni e semplicemente triste.


Mi son sempre divertita a trascrivere dei testi in italiano, poesiole, usando come base canzoni anglofone. Mi ricordo che Eleanor Rigby era diventata Teddy L’Orsetto, e Scar Tissue aveva a che fare con un ragazzo orfano. L’altro giorno ho ritrovato il mio vecchio raccoglitore di miei pseudo testi. Le lacrime. Avevano pure ritmo, ciumbia. Beh, dei The Corrs avevo tradotto proprio What Can I Do, parlando di come il Fabio teneva in mano la penna mentre studiavamo qualcosa di Ungaretti. Ah, le prime cotte.

mercoledì 24 agosto 2011

In attesa de IL RETRORMENTONE


Domani giovedì vedrà la luce un nuovo capitoletto della rubrichetta popolar-nostalgica. Per ammazzare il tempo, e ricordandovi che il 15 Settembre uscirà finalmente la traduzione italiana del libro che m'ha dato lo spunto per il Retrormentone, vi segnalo questi due interessanti blog che rendono più dolce l'attesa.

domenica 21 agosto 2011

Una buona cosa contro l'afa

Nils Frahm - Familiar (teaser) by erasedtapes

lunedì 15 agosto 2011

Gregory Crewdson: rappresentazione di uno scatto

La foto mi colpisce se io la tolgo dal suo solito bla-bla: tecnica, realtà, reportage, arte, ecc. Non dire niente, chiudere gli occhi, lasciare che il particolare risalga da solo alla coscienza affettiva. (Roland Barthes)

Le fotografie di Gregory Crewdson creano un senso di attesa e di inquietudine: ti aspetti che prendano vita e che da un momento all'altro succeda qualcosa come quando si è a teatro. E' un trompe d’oeil, una finzione? O sono talmente irreali da sembrare sospese nel tempo e nello spazio? Scatti studiati in ogni minimo dettaglio, rifiniti come una sceneggiatura: per realizzarli, Crewdson, classe 1963, newyorkese di Brooklyn e professore di fotografia alla Yale University, fa costruire un vero e proprio set (a volte perfino con attori conosciuti come Tilda Swinton, Julienne Moore, Philip Seymour Hoffman e Gwyneth Paltrow), una mise en scène in cui il fotografo diventa regista. Ma cosa anima le sue fotografie? Cosa c’è dietro la sua ricerca?

I suoi tableaux vivants sono figli del realismo di Hopper e del surrealismo di Lynch, celano un mistero, rinviano ad altro, nascondono un Reale lacaniano pulsante che si nasconde tra i muri delle sue location, tipiche villette di quartieri suburbani; solo fotografie?, no, dipinti di squarci di vita sottratti ad una quotidianità quasi maestosa nel suo volersi esibire. Pezzetti del quotidiano sospesi nel tempo e nello spazio, un’eternità che non si manifesta come coazione a ripetere, ma come esplosione dell'attimo, di un hic et nunc che risuona in tutta la sua forza e bellezza. Si percepisce una tensione come il momento che precede lo schianto o di qualcosa d'ineluttabile; l'ideale colonna sonora sarebbe il rumore bianco del televisore, oggetto che spesso compare nelle sue fotografie, quasi a riempire l'immensa solitudine delle vite dei personaggi. Crewsdon sceglie una casa disabitata e colma l’assenza con un pullulare di vita che, paradossalmente, tutto fa fuorché creare una presenza. Sono questi elementi che spingono lo spettatore a cercare un qualsivoglia segnale di vita, di vita vera che vada oltre la rappresentazione da imitation of life.

Le fotografie di Crewdson sono state definite “sogni ad occhi aperti”, oniriche, avvolte da un candore poetico che ben si esprime in un perfetto equilibrio di luci e colori (il blu sovrano).

Lo scrittore e poeta inglese romantico Samuel Coleridge ha coniato un’espressione che potrebbe essere applicata alla fotografia di Crewdson: “suspension of disbelief”, ossia la volontà di addentrarsi in una dimensione altra in cui è necessario, per l'appunto, sospendere il dubbio, l’incredulità momentanea e la verità razionale, per poter abbracciare una fede poetica. Dove il reale si sposa col surreale, il fantastico (fancy scriveva Coleridge nel suo saggio Poetry and Imagination) emerge da una situazione ordinaria: chi scatta la foto deve avere questa disposizione d'animo che sfocia nell’immaginazione e trasfigura un attimo banale per elevarlo a poesia. E lo spettatore, come il fotografo, si fa trascinare in un’atmosfera confusiva, ma indubbiamente affascinante, cogliendo lo scarto tra naturale e sovrannaturale. E l'attimo diventa unico, sospeso, eterno.

(Contaminazioni positive)

sabato 13 agosto 2011

Cari orsetti del cuore



Forse una delle cose più belle mai fatte e mai suonate e mai sentite.

giovedì 11 agosto 2011

Che isolamento?

"Quello che domina attualmente in ogni dove, soprattutto nel nostro secolo, ma che non è ancora concluso, non è ancora giunto al termine. Giacché ognuno tenta di separare al massimo la propria individualità, vuole sperimentare in se stesso la pienezza della vita; ma, al contrario, tutti i suoi sforzi non raggiungono la pienezza della vita, bensí l'autodistruzione, giacché, invece di realizzare pienamente il proprio essere, l'uomo si chiude nell'isolamento più completo. Giacché tutta l'umanità nel nostro secolo è sgretolata in singole unità, ognuno si isola nella propria tana, si allontana dagli altri e si nasconde, e nasconde quello che possiede, e finisce per alienare se stesso dagli uomini ed alienare gli uomini da sé. Accumula ricchezze in solitudine e pensa: "Quanto sono forte adesso, quanto sono al sicuro", e non sa, pazzo com'è, che quanto più accumula, tanto più affonda nell'impotenza autodistruttiva. Giacché è abituato a contare solo su se stesso e a separarsi dal tutto come singola unità, ha addestrato la propria anima a non credere nell'aiuto degli altri, a non credere negli uomini e nell'umanità, egli trema soltanto al pensiero di poter perdere il proprio denaro e i privilegi che si è conquistato. Dappertutto, oggigiorno, la mente umana ha preso ad ignorare, con aria di scherno, che la vera sicurezza dell'individuo non risiede nello sforzo isolato e individuale, ma nell'universale solidarietà umana. Ma sarà inevitabile che venga la fine anche di questo terribile isolamento e che tutti insieme capiscano di essersi separati in maniera innaturale l'uno dall'altro. Sarà lo spirito del tempo e gli uomini si meraviglieranno di essere rimasti così a lungo fra le tenebre senza vedere la luce [...]"

I fratelli Karamazov
libro sesto

venerdì 5 agosto 2011

Il RETRORMENTONE numero quattro e cinque

Il RETRORMENTONE è tornato. Sono indecisissima sulla canzone da scegliere: per un attimo m'è balenato di inserire Le ragazze dei Neri per Caso - un gran pezzo, armonizzazioni perfette (che provocano grasse risate, ma a saper cantare così!, bisogna avere un orecchio spaventoso, quasi assoluto. E cose del genere le fanno ora i Fleet Foxes - armonizzazioni a 4 -, e le facevano paurosamente bene i Beach Boys - armonizzazioni a 5 con Brian Wilson gran maestro d'orchestra), loro inguardabili ma con bellissime voci, e la mente ha viaggiato subito lì, al 1995, quando mio padre tornò da Napoli con una scorpacciata colossale di cassette pirata che gli scugnizz' gli avevano rifilato ai semafori: Renzo Arbore, Pino Daniele, gli 883 di La donna, il sogno e il grande incubo, un disco con una copertina in stile Dylan Dog e con Paola&Chiara come coriste e una big band d'eccezione a sostituire le ignobili basi in midi di cui, fino a quel momento, Pezzali aveva abusato. Poi c'erano anche i Neri per Caso con la cassettina di Le Ragazze, un disco di cui ricordo ancora adesso le parole a memoria e gli arrangiamenti vocali. Per esempio, mi è pirlinato giù il trashissimo video di Sentimento Pentimento (con tanto di coda finale reggae alla Shaggy) e per un attimo son tornata bambina, fiera dei miei peli sulle gambe che, già a 9 anni, mi tormentavano ma che, secondo mamma, non era il caso di togliere. E mi chiedo, visto che sta tornando tutto - giacche con le spalline, espadrillas, fuseaux, capello cotonato - non può tornare di moda anche il look nature con peli sotto le ascelle come Sofia Loren e Lucia Bosé negli anni '50?
Tutto questo per arrivare giusto giusto alla scelta, talmente difficile che ho deciso di proporvi due pezzi.


Entrambe canzoni bellissime per tanti motivi. Quella dei REM è tutta da intonare a squarciagola, da ballare possibilmente. Il video, poi, è un piccolo capolavoro di colori e di passi di danza improbabili. Il testo, la cura delle linee melodiche, gli archi ariosi nell'intro e nel bridge, le armonizzazioni vocali di Shiny Happy People, il riff anni '60 che potrebbe essere fatto da Roy Orbison (quello di Pretty Woman), il cambio armonico di chiave dall'intro al verso. In una parola, la perfezione. La seconda è, sempre restando negli anni '60, è una canzone del 1965 rifatta splendidamente da Boy George nel '92: rimane la chitarra twangosa alla Morricone/Tarantino (o alla Lynch? E' similissima al Theme di Twin Peaks; o ancora all'indimenticabile Wicked Game - grazie Martina! - di Chris Isaak, inserita poi in Cuore Selvaggio. Tutto torna, no?), ma il tutto è condito da una salsa sostanziosa di synth eterei a mo' di tappeto. Il cantato di Boy George è struggente, quasi un canto del cigno di una star sul viale del tramonto. In questa canzone si sentono già i prodromi di uno stile raffinato di pop che porterà al successo qualche anno dopo Lisa Stanfield. Inoltre, ultimo ma non ultimo, la canzone è stata coverizzata dai Cat's Eyes di Faris Badwan (che gran disco l'ultimo degli Horrors!).


1991-1992. Iniziavo le elementari, mi abbuffavo di Fantaghirò, leggevo il Corrierino dei Piccoli, iniziava Beverly Hills su Italia 1 (e mi chiedevo quale fantasia perversa avesse potuto spingere i genitori a chiamare Brandon e Brenda due bambini), ma soprattutto visitavo il museo dei giocattoli a Monaco di Baviera. Proprio lì, tra l'altro, s'erano trasferite cugine e zie. Mia zia mi regalò nel '91 qualcosa che ha segnato la mia infanzia e che ho indossato fino ai 23 anni: un completo felpa-maglietta-pantaloncini (quest'ultimi tenuti fino a pochi anni fa, il resto mi era diventato troppo piccolo) di SuperMario versione rugbista (o football americano) made in Germany griffato Nintendo.

mercoledì 3 agosto 2011

Con la sola imposizione delle mani

Lancio un sos nell'immenso, sterminato oceano del Web. Cerco disperatamente il video in cui Tony Binarelli, il prestigiatore, va a sbattere contro il primo palo mentre cammina bendato dopo che gli era stato impedito di condurre un esperimento simile, però alla guida di un'auto.
Sono cose che fanno ridere solo a pensarci. Come le capre che svengono perché spaventate: campione dell'immobilismo, le capre danno vita a una specie di flash mob che suscita grande ilarità. Oppure come Silvan, che assomiglia tanto a Berlusconi, a cui gli Afterhours hanno dedicato pure una canzone (brutta brutta). Silvan e Tony Binarelli: il primo raffinato, quasi dai tratti vietnamita, di plastica, protagonista qualche anno fa di uno dei momenti televisivi più alti di sempre; il secondo molto più casereccio, il cui nome fa spanciare - viene in mente il droghiere sotto casa che ti chiede "come gliela taglio?" e avverte di aver fatto due etti e 4 invece di due, "lascio?".
A' Binaré, vojo vedé quel video, mettilo su YouTubbbe.
Di tutt'altra pasta, invece, il Mago Gabriel: immenso, incommensurabile, iperuranico, al di là del bene e del male. Un uomo dal prestigio e dall'ascendenza incalcolabili.

lunedì 1 agosto 2011

Sì, probabilmente anch'io


L'anno scorso Devendra Banhart rispose così alla domanda "Come si immagina il paradiso?":
Tutto sa di vaniglia e Morrissey suona per sempre.
Sì, forse anch'io avrei detto una cosa simile. L'immagine è proprio bella: aroma di vaniglia ovunque e in filodiffusione Moz che, appollaiato su una nuvola di taffetà, intona Heaven knows I'm miserable now con la sua voce baritonale e disincantata.
Se devo essere proprio essere sincera per me il massimo sarebbe avere João Gilberto che canta a ripetizione tutto l'album Chega de saudade (o Gezt/Gilberto, a sua scelta, sarebbero deliziose sottigliezze) e mi insegna le posizioni di chitarra per suonare la bossa nova. Mi scioglierei come Olivia con Braccio di Ferro.
La bossa nova, proprio come la lingua e il cinema francese anni '60 (che poi bossa nova e nouvelle vague sono sinonimi!), è un po' il mio oscuro, ma neanche tanto, oggetto del desiderio: mi porta a formulare sì pensieri lascivi, ma mi induce anche a uno stato di beatitudine e di rilassatezza che raramente provo con altra musica. Un sorriso ebete mi si stampa sul viso, chiudo gli occhi, mi lascio trasportare da immagini colorate e fumose, inizio a muovere il piede e il bacino. Persa, mi avete persa.
E poi com'è bello "strambutonare" le parole in portoghese senza sapere cosa si sta dicendo?

Poi coi Tamba Trio potrei proprio andare in brodo di giuggiuole: bossa nova, jazz, armonizzazioni vocali.
Ancora meglio Sergio Mendes e Brasil '66, da sballo.