giovedì 24 settembre 2009

Eduardo, gli esami finiscono. Ora scelgo la vita?

"Giubilo"= gaudio ineffabile, che colla lingua non si può esprimere, ma tacere non si può: e però si manifesta per certi segni e atti giocondi esteriori, il riso e simili.
Ora condurrò una vita sana: esami del sangue, sveglia alle 9, a letto a mezzanotte, inquadramento, amori eterosessuali, Laura Pausini, i Negroamaro, i Coldplay, Susanna Tamaro, i film di Muccino, i pantaloni a sigaretta, il cervello in fumo, "tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai.
Scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos'altro, le ragioni?".
Le ragioni, le ragioni, le ragioni.
Ora voglia di pensarci non ne ho. Dormirò fino al prossimo dubbio.
Nel frattempo vi propongo questo video che ho trovato su un bloghetto che seguo con piacere. E' una specie di compendio dei comandamenti del perfetto indie hipster che "non segue nessuna corrente". Sposo smodatamente molti dei suggerimenti proposti, anche se il termine indie mi dà
un certo prurito, come ogni etichetta.
Tuttavia, siccome sto cercando di aderire anema e core a quella di lesbica depressa, raccolgo l'invito e m'impegno, come già dichiarato nel piccolo manifesto programmatico, a scrivere cose poco hype, molto agé, un po' kitsch, drammatiche, laceranti, tremendamente femminili, molto molto molto tristi e pseudo-profonde.

Italo Indie is Burning from Pop Topoi on Vimeo.


martedì 8 settembre 2009

Once upon a time you dressed so fine...

Mi ammiro allo specchio i capelli senza luce senza forma e poco morbidi che assomigliano vagamente alla scopa saggina. Mi viene in mente una delle mie professoresse, il primo anno di Università: il soprannome era per tutti Marzulla.
La somiglianza era più che evidente: separati alla nascita si dice, no?
La pettinatura alla paggio Fernando si sposava così bene con i colori degli abiti: gonna blu, cappotto marrone. Un abbinamento così infelice non si era mai visto manco nel mio piccolo comune popolato da fiere beghine che apprezzano i capi del mercato fino a decantarne la composizione finto viscosa. No, blu con marrone è deprimente.
Neanche una modella con un fisico perfetto sarebbe riuscita a nobilitare quel pannolenci clericale dall'infelice abbinamento cromatico. Addosso alla Marzulla il risultato era più triste di un'umida giornata ventosa di Novembre anche se, bisogna ammetterlo, c'era una (misteriosa) logica.
Il suo viso andava a braccetto con quei colori: un viso che ricorda I mangiatori di patate di Van Gogh, una bella bietola appena colta, un fiero incarnato color tubero.
Oh, Marzulla! Tu detti legge!

Sinceramente: non c'è professore universitario che si sappia vestire bene, almeno quelli della mia facoltà.
Una mia professoressa, chiaramente ma non dichiaratamente lesbica, ormai verso i sessanta (quindi femminista, comunista e che dà del tu a noi studenti perché ci vede ggggiovani sbarbati - oddio, sbarbati mica tanto, nella mia facoltà 9 su 10 sono ragazze), ha uno stile che può ricordare (e qui ricordo al discorso del post precedente) il personaggio di Fiona di About a boy.
Mi riferisco, nel film, alla scena del primo incontro tra Will (Hugh Grant) e la nostra eroina Fiona: lui commenta l'abbigliamento di lei così: "fascia per capelli, orecchini regalati da un amico tornato dallo Zimbabwe, e uno strano cappotto da moglie dello Yeti".
Così invece scrissi sul mio moleskine, proprio davanti alla profe (sono una da prima fila non perché segua assiduamente e risponda in modo isterico alle sue osservazioni critico-metodologiche, ma perché, si sa, i profe non guardano MAI chi sta attaccato alla cattedra. E poi questa ha ovviamente una cotta per me da quando ho volontariamente musicato una poesia del 1800 suonandola davanti a tutto il corso - alla Joni Mitchell, insomma)....dicevo, mi appuntai subito sul taccuino: "Se c'è un limite, M. lo eccede sempre: cappotto di pelo!".

Il cappotto di pelo lo puoi portare se sei una figa tremenda: non guardi in faccia nessuno e dal tuo metro e ottanta te ne sbatti di qualsiasi eventuale commento. Sei una figa, te lo puoi permettere.
Invece no, M. è tremenda.
Quel cappotto, probabilmente appartenuto a un soldato russo morente durante la ritirata da Stalingrado, è un capo hippie style variante lesbo sad. Trasuda tristezza, desolazione: perde pelo come un pastore bergamasco e, come il cane in questione, ha i rasta. E' ovviamente dotato di vita propria.
Indossato da quella grande f. che è la mia profe - un metro e sessanta per 70 e passa chili, capelli rossicci corti e che ricordano la pettinatura di Semola nel "La spada della roccia" della Disney, denti color carboncino e alito di chi con la sigaretta ci è nato - l'effetto è cinematografico: si ha davanti agli occhi il cugino It della famiglia Addams.
Qual visione celestiale! Che maraviglia! La moda italiana dovrebbe solamente inchinarsi a cotanta eleganza! Che lezioni di stile! Altro che letteratura...

giovedì 3 settembre 2009

Piccolo manifesto programmatico

Qualche mese fa una ragazza mi fece capire, molto implicitamente direi, che i miei sfoghi lacrimevoli le causavano l'orticaria.
"Sono stanca di essere circondata da lesbiche depresse", così parlò ella.
Direttissima come il Bergamo-S. Bartolomeo delle 6.05 il sabato.
All'epoca ci soffrii molto e aggiunsi disperazione a dosi infinite di amarezza, interrogandomi sul motivo che l'aveva spinta a proferire siffata frase infelice. Ora, se ci penso bene, dovrei ringraziarla.

Si dice che le più grandi verità nascono scherzando. Il tono della cara ragazza non era certo ironico ma la mia reazione, dopo la profonda disperazione di cui sopra, fu quella di farmi rimbalzare in testa quest'espressione fino a farle perdere senso, come quando si ripete una parola e la si rende un'accozzaglia di sillabe disunite.
La sua etichetta, in realtà, non aveva nessuna base psicologica: in quel periodo avevo solamente problemi di tiroide e i valori sballati mi causavano terribili scompensi umorali.
Ma la grande verità, nel frattempo, era venuta a galla e così cercai di aderire completamente al canone di lesbica depressa cercando quegli elementi che potevano fare di me un'eccellente rappresentante.

Nasce qui il piccolo bignami delle...

REGOLE PER ESSERE UNA PERFETTA LESBICA DEPRESSA

1. La l. d. ha un background familiare essenzialmente triste. A volte lo evoca ironizzando e sdrammatizzando alcuni episodi ma in realtà Charles Dickens avrebbe potuto scrivere più di un romanzo ispirandosi alla sua infanzia. Ha un trauma nascosto che preferisce tacere e di cui parla solo alle persone amate, dopo aver fatto l'amore. Fondamentalmente figlia unica e quindi fondamentalmente etichettata col cliché di "viziata", la l. d. da piccola leggeva molto, isolandosi in mondi immaginari.
Generalmente ha un padre debole e vagamente intellettuale e una madre courage che le ha mostrato cosa vuol dire amare. Tutto ciò la predispone, già all'età di 12 anni, a provare smodato affetto per figure femminili, anche appena conosciute.

2. La l. d. cova una passione segreta: i cimiteri. Colpita dal Foscolo a 16, si trasferisce a 9 anni in un condominio limitrofo camposanto. Si prefigge un tour cimiteriale dell'Europa entro i 25.
Le urne e le tombe come centro dell'essere e del non essere: meta ultima, giardino lugubre, luogo ideale per una passeggiata. Gli Smiths avranno un certo effetto su di lei.

3. La l. d. è uno spirito affine alla femminista sessantottina nostalgica e pasionaria, vagamente hippie, con cui condivide l'amore per Joni Mitchell. Qui è necessario aprire una parentesi.

Joni Mitchell ha una voce acuta, scrive testi intensi e uterini, tristi e appassionati, suona una chitarra a 12 corde e fa accordi assurdi con accordature altrettanto assurde. Joni Mitchell è folk, è Woodstock (anche se non c'era), è fricchettona e fuori moda, è un paio di pantaloni a zampa d'elefante in un outlet della Benetton.
Ricordate il film About a Boy? Ecco, cancellatelo e tenete solo il personaggio di Fiona, la hippy stramba che tenta (maddai) il suicidio ingerendo una quantità industriale di pillole. Nel libro, che la l. d. ha letto a 17 anni, Hornby indica precisamente i suoi gusti musicali: Joni Mitchell.
Una coincidenza?
Hornby, con la sua vasta conoscenza musicale, avrebbe potuto affiancare a Fiona qualsiasi altro cantante, ma sceglie, guardacaso, oltre la nostra cara Joni, un altro pezzo grosso del cantautorato folk anni '70: Nick Drake (altro elemento musicale adorato dalla l. d. - v. Pink Moon).
Rincariamo la dose. Per la serie "forse non avete capito che questo personaggio è colossalmente triste", Hornby ci dice anche che è vegetariana. Il quadro vivente del weirdo folk al femminile, rivisto e aggiornato per gli anni '90.
Per capirci meglio, ecco un estratto di un testo di Joni (a proposito, la l. d. ama a dismisura l'album Blue del 1971):

Ho guardato l'amore da tutte e due le parti ora,
Dal dare e dal prendere, e ancora, non so come,
Ricordo le illusioni dell'amore.
Non conosco affatto l'amore.


Lacrime e paure e sentimenti, orgoglioso di dire "ti amo" ad alta voce,
Sogni e schemi e folle di circo, ho guardato così la vita.
Ma ora i vecchi amici si comportano in modo strano, scuotono la testa e dicono che
sono cambiato.
Qualcosa è perduto ma qualcosa è guadagnato vivendo ogni giorno.


Ho guardato la vita da tutte e due le parti ora,
Dalla vittoria alla sconfitta, e ancora, non so come,
Ricordo le illusioni della vita.


Questo è il mood medio della l. d. e, con lei, della femminista pasionaria (capello lungo grigio all'Anselma Dell'Olio o corto alla Imma Battaglia).
Essenziale alla comprensione della tipologia dell'amante della Mitchell è un altro film, guardacaso inglese, guardacaso ancora con Hugh Grant, guardacaso che tira in ballo Joni Mitchell: Love Actually. La pellicola è il trionfo dei buoni sentimenti natalizi, del volemmose bbbène e dell'ammmmore che omnia vincit: insomma, da assumere a piccole dosi onde evitare coma iperglicemico. Tra i mille personaggi c'è Karen, interpretata da Emma Thompson, sorella di Hugh Grant (nella parte di un improbabile primo ministro) e moglie di Alan Rickman (per noi comuni mortali, Python in Harry Potter). Karen è l'unico personaggio che da questo baillame di scintillante amore e affetto natalizio uscirà a bocca asciutta. Come?
Il marito, che le fa le corna con la segretaria (ma uno stereotipo meno usato, no, né??), le farà trovare sotto l'albero una scatola che lei erroneamente crede contenga una collana che di nascosto ha visto acquistare da lui (regalo destinato alla sexy segretaria), bensì è..........un cd di Joni Mitchell.
Il messaggio è chiaro: "amore, sei un'ottima madre e una moglie stupenda, ma sei così noiosa!".
Confessare a un uomo che si ama Joni Mitchell equivale a dire:"sono stata appena lasciata dopo 10 anni di matrimonio" oppure: "ieri ho sotterrato mio padre", o ancora: "ho perso l'autobus, mi dai un passaggio?" (perché chiaramente la l. d. ha una paura folle di guidare), o peggio: "era la canzone mia e di.......... - nome del ragazzo di cui si è ancora innamorate - ".
Rivangare il passato, lucidare i ricordi, farli splendere, ponderare, riflettere, essere dilaniate dall'amore, indugiare, se possibile, sui dettagli che la memoria ha richiamato. Scrivere pagine pagine pagine, versi versi versi e ammorbare con la dolce litania de "l'ultima volta che......è stato tanto tempo fa".

La l. d. solidarizza con Karen e Fiona.


[continua...]

martedì 1 settembre 2009

Teorie dell'evoluzione

Studio (troppo) per questo mi ammalo.
Tra una settimana scriverò qualcosa, nel frattempo che dire?
Un assaggio.

Hanno detto di me: "è inutile che lo nascondi perché si vede", "te lo si legge in fronte. Sei anche figlia unica?", "ci stavo per arrivare. E' la tua naturale evoluzione dell'esser donna: non potevi che essere così".
Sono una lesbica depressa e faccio ironia sulle vite degli altri (ma anche sulla mia), filtrate dal mio piccolo osservatorio provinciale cronico.

Oggi, per esempio, sono stata inseguita da un tizio grosso-grasso-e-peloso con l'uccello fuori in un vicolo della mia cara città. Stando all'ultima citazione sopra, per lui l'evoluzione si è fermata dopo i 15 anni di vita: guidato dall'istinto e da desideri carnali, ha puntato la povera preda indifesa e ha sferrato l'attacco. E' l'ormone che parla per lui, anzi, che urla e che pretende a ogni costo di trovare sfogo.
Anche la preda ha urlato, correndo come non mai.

Nella mia mente solo una frase "le donne non lo farebbero mai".
E' quindi davvero questione di evoluzione?